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Il termine genere umano è inclusivo, il termine uomo è esclusivo

 

È appurato che il linguaggio subliminale sia il veicolo più efficace per veicolare un messaggio. Il messaggio devastante che la donna appartenga de facto a una serie B, è perpetuata giornalmente da chi scrive in lingua italiana. Parlo della normalissima locuzione uomo che si utilizza per descrivere il genere umano tutto, quando invece esistono termini più corretti: umanità, genere umano, la gente, le persone, l’individuo. Il termine genere umano è inclusivo, il termine uomo è esclusivo. Non so voi, ma io quando leggo e arrivo a delle frasi tipo “gli uomini hanno fatto…” gli uomini sono arrivati…” “questo fa bene all’uomo…”e via dicendo, mi devo fermare per cercare di capire se la frase intenda il genere umano o solo i maschi. E mi si rivolta lo stomaco. Perché il messaggio inconscio che mi si ficca dentro come una freccia è che la donna è subordinata all’uomo. No, non è un problema che va scartato. Inconsciamente gli uomini si sentiranno sempre padroni perché l’utilizzo che si fa della lingua italiana gli permette di esserlo, anzi, sono invitati a farlo. Le donne invece inconsciamente si sentiranno sempre delle subordinate e accetteranno questo ruolo che la società attribuisce loro: stare a casa, badare ai figli, non poter raggiungere ruoli di prestigio nell’ambito professionale ed essere pagate sempre di meno rispetto agli uomini. Per non parlare dell’essere sessualmente disponibili e quando non lo sei, sei una “che crea problemi”. E una cozza. Spesso, sia uomini che donne (molte donne sono vittime di loro stesse) laddove io gli abbia sottoposto questo problema mi hanno risposto che non lo vedevano. “Ma si è sempre scritto così!” “È parte della lingua italiana…” “Ma è sottinteso che si sta parlando anche delle donne”. No cari miei. Non è sottinteso. Se vuoi fare arrivare un messaggio a tutti e due ci sono le parole per dirlo. E difatti quando i politici in tv vogliono essere rieletti si appellano sempre alle Signore …e poi ai Signori. E guarda caso il femminile lo mettono per prima. I furbetti. Certamente è anche politico. Quelle donne che accettano una politica maschilista saranno le prime a difendere con i denti la corda che gli uomini le danno per impiccarsi. Badate bene che questo non è un problema di linguistica, ma di comunicazione: non metto in discussione la lingua romanza che come sappiamo bene non possiede un neutro, bensì la comunicazione del messaggio. Se nel plurale si usa la forma maschile bisogna farsene una ragione oppure se si vuole affrontare la questione non è quello di cui sto parlando. Parlo di comunicazione, quindi dell’impatto psicologico sulla società, che è ben diverso. Per esempio nei paesi anglosassoni sono riusciti, già da decenni, a cambiare la terminologia sessista. Non si dice piùmankindmahumankind, non piùbusinessmanmabusinesspersone via dicendo. Se la comunità LGBT in Italia è riuscita a far modificare il linguaggio omofobo, non vedo cosa possa impedire di proibire un linguaggio discriminatorio verso le donne che poi non è un comunità bensì la metà del popolo. Forse questa testata editoriale potrebbe iniziare il cammino per una riflessione seria ed estesa ad altre testate giornalistiche così da mettere a fuoco questo tema affinché si possa arrivare poi a una proposta di legge.

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