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Cinquant’anni di Greenpeace: gli scatti di una storia importante

 

Le onde rapide si infrangevano sul peschereccio arrugginito, il cielo si faceva terso e l’isola di Amchitka, nel sud-ovest dell’Alaska, sempre più nitida. Era il 15 settembre 1971 quando il piccolo equipaggio di dodici volontari salpato da Vancouver, in Canada, solcò il mare per dire no ai test nucleari statunitensi. Si misero sulla traiettoria della bomba nucleare per evitare un’esplosione che avrebbe danneggiato irreversibilmente una riserva naturale protetta, innescando un terremoto e possibili inondazioni. Quella protesta sarebbe stata ricordata come la prima di Greenpeace, quando ancora non era mai apparso il nome dell’organizzazione non governativa ambientalista e pacifista più famosa al mondo. All’epoca si chiamavano “Don’t Make a Wave” – non provocare un’onda -, avevano noleggiato una barca per la pesca di aringhe e halibut di 25 metri e portato con sé alcuni giornalisti per documentare il tutto. A bordo c’erano gli attivisti Jim Bohlen, Irving Stowe e Paul Cote, poi Robert Hunter del Vancouver Sun, Ben Metcalfe della Canadian Broadcasting Corporation e Bob Cummings del Georgia Strait. L’imbarcazione fu intercettata e costretta ad abbandonare la missione, ma il loro gesto attirò l’attenzione internazionale. Due anni dopo la Vega, capitanata da David McTaggart, Ann-Marie Horne, Mary Horne e Nigel Ingram salpò verso la Polinesia francese, nell’Oceano Pacifico meridionale, per impedire altri test nucleari. Alcuni militari salirono a bordo e assalirono gli attivisti con coltelli e manganelli, ma nella confusione una di loro, Ann-Marie Horne, riuscì a scattare alcune immagini che documentarono l’accaduto. Da quell’episodio in avanti Greenpeace si impegnò a fotografare tutti i suoi atti di protesta, sfruttando la forza emotiva delle immagini e mostrando per la prima volta al mondo le crudeltà di cacciatori, baleniere e petroliere. Greenpeace International nacque ufficialmente il 14 ottobre 1979, quando i 20 gruppi che si erano formati in varie zone del pianeta si riunirono sotto lo stesso tetto. Oggi l’organizzazione opera in 55 paesi in tutto il mondo, ricevendo fondi da 2,8 milioni di donatori e fondazioni no profit.

Redazione

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