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Amnesty denuncia: la pandemia imbavaglia l’informazione

 

Il diritto alla libertà di espressione è stato attaccato a livello globale durante la pandemia di Covid-19. È quanto emerge dal nuovo dossier pubblicato da Amnesty International dal titolo “Silenced and Misinformed”: i governi avrebbero utilizzato la diffusione globale del virus come pretesto per mettere a tacere le voci critiche. Da più di un anno “gli attacchi dei governi alla libertà d’espressione e i flussi di disinformazione hanno avuto conseguenze sulla capacità di avere accesso a informazioni accurate e tempestive, fondamentali per arginare la crisi globale di salute pubblica”. Governi e autorità si sono serviti di censura e sanzioni per ridurre la qualità delle notizie che arrivano all’opinione pubblica, quando l’OMS aveva dichiarato che per combattere con successo la diffusione del Covid-19, gli Stati avrebbero dovuto informare e ascoltare le proprie comunità. I giornalisti che denunciavano le dimensioni reali del contagio, la risposta inadeguata dei governi e il numero effettivo di ricoveri e decessi, hanno avuto gravi conseguenze sul proprio lavoro. Molti sono stati licenziati, minacciati, arrestati o processati, spesso in seguito a leggi sulle fake news create a hoc. Le situazioni più critiche si registrano in Cina, Nicaragua, Russia, Tanzania, Cambogia, dove l’introduzione di leggi repressive ha limitato il diritto alla libertà di espressione di chi criticava la risposta delle autorità alla pandemia. Il direttore delle ricerche di Amnesty, Rajat Khosla, ha dichiarato che “Tra chiusura di mezzi di comunicazione e censura dei social media, i lettori hanno enormi difficoltà ad accedere a informazioni utili per fronteggiare la pandemia”. Amnesty International “Sollecita gli stati a cessare di usare la pandemia come pretesto per ridurre al silenzio l’informazione indipendente, ad abolire tutte le limitazioni indebite al diritto alla libertà d’espressione e a diffondere informazioni credibili, attendibili e accessibili in modo tale che il pubblico sia pienamente informato sulla pandemia. Per contrastare la disinformazione non serve la censura, ma occorrono una stampa libera e indipendente e una forte società civile”. Nel rapporto si parla anche del ruolo delle piattaforme social nella diffusione della disinformazione sulla pandemia. Secondo Amnesty, amplificano i contenuti che attirano attenzione e non si applicano abbastanza per prevenire la diffusione di informazioni false e fuorvianti.

Redazione

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