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Iran: spari sulla folla e donne picchiate dalla polizia

 

Le banchine della metro diTeheransono affollate. Si sentono degli spari, qualcuno corre, calpesta chi si è inciampato nella fuga. I poliziotti hanno appena aperto il fuoco sulla folla e qualcuno è riuscito a filmare,postando i videosui social.Un’altra clipche circola mostra le forze di sicurezza iraniane che colpiscono con dei manganelli alcune donne che non indossano il velo. Martedì le manifestazioni si sono intensificate, così come la risposta delle autorità: per commemorare le vittime del sanguinoso”Bloody November”, quando nel 2019 vennero uccise centinaia di persone che protestavano contro l’improvviso aumento dei prezzi del carburante, si sono susseguiti tre giorni di contestazioni e scioperi: strade principali bloccate da fiumi di persone che gridavano “Freedom, freedom!”, e “Death to the dictator” contro il leader supremo,l’Ayatollah Ali Khamenei, falò improvvisati dopo il tramonto, applausi per qualcuno chedava fuoco a un velovicino ai binari della metropolitana. Nel frattempo, tra le mura dei tribunali rivoluzionari di Teheran, altre 4 persone venivanocondannate alla pena capitale per le proteste. Solo qualche giorno fa era stata emessa la prima sentenza di morte contro una persona ignota, accusata di aver dato fuoco a un edificio governativo e di “inimicizia contro Dio”. L’agenziaMizanha diffuso le motivazioni delle condanne, ognuna diversa dall’altra: il primo avrebbeinvestito e ucciso un poliziotto con la sua auto; il secondopossedeva un coltello e una pistola; il terzo avrebbebloccato il traffico e causato “terrore”; il quarto, armato di coltello, è stato condannatoper un’aggressione. «I manifestanti non hanno accesso agli avvocati nella fase dell’interrogatorio, sono sottoposti a torture fisiche e mentali per ottenere false confessioni e poi condannati sulla base di queste confessioni», ha detto all’agenzia di stampa franceseAfpil direttore diIran Human Rights, Mahmood Amiry-Moghaddam. Le persone che rischiano la pena di morte ora salgono a 5, ma le organizzazioni per i diritti umani temono che il numero possa ulteriormente salire. Nonostante le autorità non abbiano reso note le loro identità,Amnesty Internationalcrede che si tratti di Mohammad Ghobadlou, Manouchehr Mehman Navaz, Mahan Sedarat Madani, Mohammad Boroughani e Sahand Nourmohammad-Zadeh: le accuse mosse nei loro confronti coincidono con quelle dichiarate dai tribunali che hanno emesso le sentenze. Sonosolo alcuni dei 21 detenuti accusati di reatilegati alla sicurezza epunibili con la morteai sensi del sistema legale iraniano che si basa sullaSharia, la legge islamica. Finora almeno348 manifestanti sono stati uccisie altri15.900 arrestati, secondo l’agenzia di stampa per gli attivisti per i diritti umaniHrana. I media statali hanno riportato la morte di 38 membri del personale di sicurezza, ma secondo Hrana si tratterebbe di almeno 43 morti. Mercoledì notte i media statali hanno riferito della morte di almeno cinque persone, tra cui almeno una donna e una bambina, uccise da “elementi terroristici” armati che hanno aperto il fuoco contro polizia e manifestanti. Molti, alcuni minorenni, sono stati uccisi anche nella zona occidentale di Izeh e nella città di Kamyaran, più a nord, che si trova nella provincia d’origine diMahsa Amini, in Kurdistan. La sua morte è stata la miccia di tutte le proteste che dal 16 settembre stanno infuocando l’Iran.

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