Futuro

I cavi sottomarini che ci permettono di conoscere meglio i terremoti

Secondo una ricerca pubblicata su Science, i tentacoli di fibra ottica che trasportano dati da un continente all’altro serviranno a monitorare anche sismi, tsunami e cambiamento climatico
Alcuni operai controllano il nuovo cavo sottomarino di Google che collegherà gli Stati Uniti con il Regno Unito e la Spagna, a Sopela, provincia di Biscaglia. Grace Hopper, così si chiama, dovrebbe unirsi agli altri cavi sottomarini dell'azienda, Curie, Dunant ed Equiano, lungo il fondo dell'oceano
Alcuni operai controllano il nuovo cavo sottomarino di Google che collegherà gli Stati Uniti con il Regno Unito e la Spagna, a Sopela, provincia di Biscaglia. Grace Hopper, così si chiama, dovrebbe unirsi agli altri cavi sottomarini dell'azienda, Curie, Dunant ed Equiano, lungo il fondo dell'oceano Credit: EPA/Miguel Tona
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25 maggio 2022 Aggiornato alle 11:00

Sapete che sotto l’oceano ci sono centinaia di tentacoli in fibra ottica che trasportano dati continuamente e da una parte all’altra del globo? E perché non usarli per altri scopi? Come, per esempio, monitorare il cambiamento climatico.

Ci ha pensato il National Physical Laboratory del Regno Unito, che insieme ai suoi partner ha ipotizzato di utilizzare questi lunghi cavi come una gigantesca rete di sensori scientifici per acque profonde. E poi l’ha dimostrato: il team capitanato da Giuseppe Marra, Principal Research Scientist del dipartimento di NplTime and Frequency”, tempo e frequenza, è stato in grado di isolare singoli segmenti di un cavo lungo 5860 chilometri per il monitoraggio del fondale marino.

Il cavo, fornito da Exa Infrastructure, è la più grande piattaforma di infrastruttura digitale dedicata che collega l’Europa e il Nord America: è stata posizionata tra il Regno Unito e il Canada, con 12 sensori implementati. Come fanno a rilevare qualcosa? Marra ha spiegato all’emittente britannica Bbc che le vibrazioni, i cambiamenti di pressione e di temperatura influiscono, in misura molto piccola, sulla velocità della luce mentre viaggia attraverso il cavo: micro elementi che questi strumenti estremamente sensibili sono in grado rilevare.

Fa parte dei numerosi cavi in fibra ottica che trasportano i dati via mare e via oceano, che in tutto il mondo coprono distanze da 1,3 milioni di km. Lo dice anche una mappa di Telegeography, il sito specializzato in analisi della rete, infografiche e mappe interattive. Nella nuova edizione del 2022 presenta ben 486 sistemi di cavi e 1.306 punti di approdo attualmente attivi o in costruzione.

I risultati dei ricercatori di Npl, affiancati da studiosi dell’Università di Edimburgo, del British Geological Survey, dell’Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica, con sede a Torino, e da Google, sono stati pubblicati sulla celebre rivista scientifica Science.

Dato che questi conduttori hanno dei ripetitori ogni 90 chilometri, questi segmenti potrebbero essere utilizzati ciascuno come un sensore vibrazionale, se accoppiato a una sorgente laser: i ricercatori sono riusciti a rilevare terremoti e segnali oceanici, come onde e correnti, dai singoli intervalli tra i ripetitori sparsi sull’intera connessione transatlantica.

Questo approccio ha consentito di vincolare meglio la posizione di un terremoto attraverso la triangolazione, offrendo così un metodo più accurato per il monitoraggio sottomarino. In poche parole, la fibra ottica fungeva da sensore in ciascun segmento, fornendo per la prima volta dati ambientali continui e in tempo reale dal fondo dei mari e degli oceani.

La serie di sensori via cavo può identificare l’epicentro dei terremoti nello stesso modo in cui sono in grado di farlo i sismometri terrestri.

Altre ricerche precedenti avevano già provato a effettuare rilevamenti ambientali sui cavi sottomarini, ma li applicavano sulla loro lunghezza totale, fino ad analizzare conduttori lunghi 10.500 chilometri.

Npl, già nel 2018, aveva realizzato uno studio, anch’esso pubblicato su Science, che mostrava come i cavi marini avrebbero potuto essere riutilizzati come sensori per il rilevamento di terremoti sottomarini utilizzando tecniche interferometriche (che sfruttano, cioè, le interferenze fra più onde solitamente luminose, sonore o radio) ultra-stabili. Tuttavia, un cavo poteva fungere solo da sensore singolo e le misurazioni erano limitate all’intera lunghezza del cavo.

Dunque, fino a ora, nonostante lo sviluppo degli strumenti di rilevamento, questi luoghi rimanevano (e rimangono ancora) per la maggior parte non monitorati. Esistono solo pochi sensori permanenti sui fondali oceanici a livello globale. Il motivo? L’installazione e la manutenzione sono tecnologicamente impegnativi, costosi e proibitivi. Questo crea un enorme divario nei dati geofisici, limitando la comprensione della struttura della Terra.

Ma ora la ricerca potrebbe trasformare la capacità degli scienziati di monitorare e misurare vaste aree della superficie terrestre dove era complesso utilizzare le tecnologie convenzionali. Servono investimenti, e subito.

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