Futuro

Si chiama vuca vuca, vuca (e ne usciremo)

È possibile conoscere l’incertezza? Ho passato tre giorni in compagnia di chi ha provato a spiegarla, e trovare soluzioni. Dentro Linkontro 2022
Credit: John Robert Marasigan/Unsplash

Volatile. Uncertain. Complex. Ambiguous. Sono questi i termini che danno vita a Vuca. Un termine che non è un ballo come il Tuca Tuca ma che è la parola rilanciata dalle “policrisi” (Covid + Ucraina) del momento, e non promette nulla di buono.

L’ha spiegato bene il prof Vincenzo Perrone, docente di Organizzazione Aziendale dell’Università Bocconi, durante il pomeriggio d’apertura lavori del fine settimana organizzato da NielsenIQ chiamato Linkontro. Un momento in cui tutto il largo consumo - chi lavora nel mondo della grande distribuzione organizzata e nella produzione - si riunisce per osservare quanto è accaduto e “provare” a immaginare un futuro plausibile. Ecco, voglio restituirvi qualche riflessione utile per tuttə.

E dunque, cos’è questo Vuca?

Quando il panico diffuso diventa una forma d’intrattenimento. Quando provi un’incertezza che butta in uno stato d’ansia e inadeguatezza. Quando prendi decisioni negative perché sei nello stato d’animo sbagliato, ecco, sei intrappolatə nel Vuca.

E non è che sia capitato a pochə, in questi mesi, di ballare il vuca vuca.

Perché - spiega Paolo Magri, Vice Presidente Esecutivo Ispi - dopo aver corso la maratona del Covid, mentre eravamo all’ultimo chilometro, ormai stanchi ma vicini alla meta, ci è stato detto che in realtà s’era scherzato. E che in realtà la maratona non finiva. La maratona si è allungata e si è trasformata in Pentathlon. E quindi, noi, abbiamo dovuto prolungare lo sforzo, finché terminerà la guerra. E tuttə proveranno a farcela, stringendo i denti. Ma è chiaro che il desiderio delle persone è diverso. È chiaro che le persone desiderano chiudere il momento negativo e riprendere a respirare. E a consumare. E a uscire. E spendere quanto “risparmiato” per una migliore della qualità della vita insieme aə altrə.

Lo spiega Giorgio de Rita, segretario del Censis: ə italianə hanno accumulato 279 miliardi negli anni Covid, che è esattamente di quanto è cresciuto il debito pubblico.

Le famiglie italiane hanno sul conto corrente 5.000 miliardi di euro e ogni mese risparmiano il 13% di quanto guadagnano, perché sanno che avremo di fronte anni difficili. In media negli ultimi 30 anni abbiamo perso il 3% di reddito medio pro capite. Ma fa niente.

Ma adesso vogliono uscire, anche, dal Vuca. Anche, grazie a un nuovo modo di stare insieme, che possa legare le persone e le relazioni in modo più autentico.

Should I stay or should I go?

Persone che lavorano insieme e che decidano di rimanere nel luogo di lavoro dove operano, perché, come ha spiegato il prof Perrone, la domanda successiva al Vuca è: Shoud I stay o should I go?

Ovvero. Voglio rimanere nel posto in cui sono o voglio ripartire da un altro luogo di lavoro, voglio esercitare la mia professione nella mia città di nascita o nella mia città di destinazione, troppo costosa (vedi Milano) per un tenore di vita che mi permetta di avere figlə (grande problema italiano segnalato anche dal Presidente della Repubblica pochi giorni fa)?

In base a quanto osserva e studia una società come NielsenIQ tante persone e tante imprese stanno ridefinendo le proprie strategie. Ed è per questo che ascoltare un manager come Luca De Nard, amministratore delegato NielsenIQ, è interessante. Perché, incrociando i dati dei consumi negli ultimi due anni ha scoperto che il centro sud e le isole sono il luogo dove gli italiani stanno andando, e dove stanno acquistando. È stato lo smart working? È stato il Covid? Non lo sappiamo. Però, il ritorno a luoghi a misura d’uomo (anzi, di genere umano) è un trend inarrestabile.

Coraggio, ma con calma

Le scelte razionali non hanno dato buoni risultati? E allora scegliamo l’irrazionale. L’irrazionale sta diventando un aspetto fondante della nostra società ed è sempre più importante. L’83% delle persone pensa che mandare ə figlə a scuola non serve. L’investimento in cultura e nella laurea oggi non funziona più? L’aspetto irrazionale spinge i genitori a disincentivare ə figlə negli studi. Le imprese domandano ma non ci sono professionistə perché ə ragazzə non studiano materie necessarie al mercato del lavoro.

È inutile fare con più quello che puoi fare con meno, ma se si guadagna di meno, e lo sviluppo avviene per sottrazione - per scarsità energetica, per esempio - la transizione ecologica non potrà essere un processo veloce. È un processo lento dell’economia che sta tornando a raggio corto.

La produttività italiana si è abbassata negli ultimi 20 anni ma la capacità creativa del nostro Paese è straordinaria. Per questo, secondo Giorgio De Rita non è tanto necessario avere “altre idee”, ma capire che occorre ripensarci con calma. “Non è importante aggiungere idee alle idee, ma è centrale sapere cosa è giusto fare e farlo con le migliori forze”.

Il coraggio, in fondo - spiega Mario Calabresi - è sapere qual è la cosa giusta da fare, e perseguirla con serietà.

Cambia il pensiero “singularity”

Cambia prospettiva. L’energia necessaria alla costruzione del futuro sostenibile non sempre è “pulita” e ne dobbiamo essere consapevoli. Per costruire un’auto elettrica di ultima generazione o un cellulare come quelli che tutti abbiamo in tasca - spiega Massimo Canducci di Singularity University - servono le terre rare. Un gruppo di 17 elementi chimici come il cerio, disprosio, erbio, europio, gadolinio, olmio, lantanio, lutezio, neodimio, praseodimio, promezio, samario, scandio, terbio, tulio, itterbio e ittrio (Y). Materiali raccolti, nella maggior parte dei casi, attraverso lo sfruttamento delle persone.

Avere un’auto elettrica piccola o grande che sia ci mette tranquillità circa il nostro presente in città ed è il desiderio neppure tanto nascosto di tuttə ə mediamente sostenibili cittadinə. È corretto. Però l’impatto sociale di una Tesla non è esattamente sostenibile. Allo stesso modo il consumo dell’intangibile sta diventando gigantesco se si pensa che Bitcoin consuma ogni anno circa 200TeraByte/Ora. Se fosse un Paese, sarebbe il 25esimo Paese che consuma di più. Sarebbe come il Vietnam.

La parola sostenibile non è sufficiente

Per i prodotti di largo consumo nella grande distribuzione organizzata, e in particolare per i prodotti di marca del distributore (o del supermercato), la ricerca presentata da NielsenIQ parla chiaro. Appiccicare un’etichetta di sostenibilità senza aver fatto un vero percorso in questo senso non basta. Forse per questo, mentre tutti i prodotti alimentari sono in crescita - moltissimo quelli cosiddetti premium, che costano di più di quasi il 10% così come il primo prezzo, che cresce del 6,6 - il prodotto che si presenta “solo” come eco-friendly o biologico cede un 3,3% delle vendite. Spiega Luca De Nard: “fare solo packaging green non è più sufficiente a convincere chi compra sostenibile. Il mercato generale dei prodotti sostenibili è in aumento, ma la sostenibilità non è negoziabile con uno spot. Va documentata e deve essere una scelta identitaria profonda”.

Basta chiacchiere!

“L’insieme degli oggetti umani sulla Terra pesa più di tutte le forme di vita” spiega Katia Bastioli, fondatrice di Novamont, B Corp Best for the world environment 2021. Bisogna cambiare punto di vista e creare progetti “sistemici” in cui le persone lavorino davvero insieme. Passare dall’ego all’eco, alla rigenerazione delle risorse (il 71% del fatturato della sua azienda è considerato “rigenerativo”, circa i materiali), partendo dai territori.

Insomma smetterla di tweettare tra guelfi e ghibellini e creare insieme sistemi di produzione e di monitoraggio trasparente.

Innovare è migliorare

Una delle parole d’ordine del futuro è “costruire un mondo migliore”, e la chiusura di tanti interventi lascia uno sguardo aperto sul fatto che le cose possono e devono migliorare. Con l’ingaggio, a tuttə ə manager presenti - centinaia - a guardare alla costruzione come a un valore vero per il Paese e per sé. Uscire dall’incertezza, attraverso lo studio, la ricerca, la responsabilità, la consapevolezza.

Non è possibile innovare se non si costruisce un mondo migliore insieme, senza un team non omogeneo (e che dia voce all’inclusione).

A proposito. Ho un consiglio per il prossimo anno visti i numeri che ha dato a fine intervento Francesca Vecchioni, ideatrice dei Diversity Media Awards e speaker de Linkontro2022. Sul palco quest’anno abbiamo ascoltato solo il 16% speaker donne: un maggior numero di interventi di professioniste, l’anno prossimo, si può fare! :-)

Leggi anche
La redazione del Kyiv Independent: a sinistra, la caporedattrice Olga Rudenko
Top Ten
di Maria Michela D'Alessandro 3 min lettura
psicologia
di Elisabetta Ambrosi 5 min lettura