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COP26, stop alla deforestazione entro il 2030?

Gli Stati che coprono l’85 % delle foreste si sono dati 9 anni per cambiare rotta, così come gli 80 Paesi che vogliono ridurre del 30% le emissioni di metano
Con un investimento da 19,2 miliardi di dollari di fondi pubblici e privati, lo stop alla deforestazione è fissato per il 2030
Con un investimento da 19,2 miliardi di dollari di fondi pubblici e privati, lo stop alla deforestazione è fissato per il 2030
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2 novembre 2021 Aggiornato alle 16:04

Le 100 nazioni al mondo che rappresentano l’85% delle foreste globali si sono date 9 anni per fermare e invertire la deforestazione. Tra di loro anche Brasile, Indonesia, India, Canada e Colombia. La seconda giornata della Cop26 si focalizza sugli aiuti alle nazioni in via di sviluppo, con una spinta particolare da parte del settore privato per la transizione energetica.

Con un investimento da 19,2 miliardi di dollari di fondi pubblici e privati, lo stop alla deforestazione è fissato per il 2030. L’accordo denominato “Dichiarazione di Glasgow su foreste e terra” è stato firmato oggi a Glasgow, alla fine del summit di due giorni tra i leader mondiali all’interno della Cop26, la conferenza che durerà fino al 12 novembre. Si tratta del primo grande accordo sul clima raggiunto all’evento globale.

Il premier Boris Johnson ha parlato di “accordo fondamentale per proteggere e ripristinare le foreste della Terra, che sono le cattedrali della natura e i polmoni del nostro pianeta”.

Tra i firmatari ci sono Brasile, Russia, Cina - i cui leader non hanno presenziato alla conferenza sul clima -, Canada, Indonesia, Repubblica Democratica del Congo, Stati Uniti e Regno Unito: si tratta dei Paesi che coprono circa l’85 per cento delle foreste mondiali. Alcuni dei fondi stanziati andranno ai Paesi in via di sviluppo per ripristinare i terreni danneggiati, affrontare gli incendi boschivi e sostenere le comunità indigene.

Jeff Bezos, fra i più ricchi uomini del mondo, ha promesso dal palco della Cop26 di donare 2 miliardi di dollari all’Africa per ridare vita a terreni “degradati” dal clima. Il fondatore del colosso americano Amazon lo ha dichiarato durante un intervento al fianco del principe Carlo, l’erede al trono britannico impegnato nella promozione di progetti ecologici e nella raccolta di contributi dal settore privato globale. “Ripristinare le terre può migliorare la fertilità del suolo, far aumentare i raccolti, incrementare la sicurezza alimentare, rendere l’acqua più disponibile, creare lavoro e dare spinta alla crescita economica” ha dichiarato Bezos.

Inoltre, oltre 80 Paesi hanno aderito all’iniziativa globale per ridurre del 30% le emissioni di metano entro il 2030. Lo ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen: ridurre il gas serra di un terzo rispetto ai livelli del 2020 “rallenterà immediatamente il cambiamento climatico”. Per l’impegno globale sulle foreste è previsto lo stanziamento di un miliardo di euro.

Un’altra notizia segna la giornata di oggi: secondo quanto riferito da alcune fonti dell’amministrazione Usa, gli Stati Uniti sono rientrati nella “High Ambition Coalition, il gruppo di Paesi sviluppati e in via di sviluppo che ha assicurato che l’obiettivo degli 1,5 gradi fosse un elemento chiave dell’accordo di Parigi. La decisione della più grande economia mondiale e della seconda fonte di emissioni, dopo la Cina, di tornare nel grande gruppo segna un significativo impulso al tentativo di concentrare gli sforzi della Cop26 sulla limitazione dell’aumento della temperatura, il più difficile dei due obiettivi dell’accordo del 2015.

Nel frattempo, però, Cina e India rimandano la scadenza per raggiungere le emissioni zero: il Paese di Xi Jinping ha criticato molto gli Stati Uniti per il tasso di inquinamento del passato, con emissioni che hanno superato di 8 volte quelle della Cina. Ma anche il premier indiano Modi ha preoccupato il forum: “L’India raggiungerà l’obiettivo delle emissioni zero nel 2070”. La Cina, intanto, ha aumentato la produzione giornaliera di carbone di oltre un milione di tonnellate per far fronte alla crisi energetica. La Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, il massimo organo cinese impegnato nella pianificazione economica, ha reso noto che la produzione media giornaliera di carbone da parte di Pechino è salita a oltre 11,5 milioni di tonnellate dalla metà di ottobre, rispetto alle 10,4 milioni registrate a fine settembre.