Diritti

Nato: Erdogan detta le condizioni per i nuovi ingressi

Il presidente turco potrebbe mettere il veto alle adesioni di Svezia e Finlandia. Per “barattarle” con altre condizioni sulle sanzioni e sui gruppi curdi armati
Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan.
Il presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan.
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19 maggio 2022 Aggiornato alle 13:00

Mario Draghi in queste ore è in Parlamento per l‘informativa sulla guerra in Ucraina: tra i temi, anche la Nato e il rafforzamento dell’impegno italiano.

Proprio ieri Draghi ha ricevuto a Palazzo Chigi la premier finlandese Sanna Marin: insieme alla Svezia, la Finlandia ha fatto domanda ufficiale di adesione al Patto Atlantico e il Segretario generale della NATO Jens Stoltenberg questa settimana ha affermato che «è un buon giorno in un momento critico per la nostra sicurezza. Le domande di adesione sono un passo storico».

Ma il percorso dei due Paesi scandinavi verso l’adesione sta incontrando forti resistenze da parte di uno dei membri storici dell’Alleanza: la Turchia.

Da giorni il governo di Erdogan continua a minacciare il veto nei confronti dell’ingresso delle due nazioni nordiche, sostenendo che i suddetti Paesi scandinavi persistono nel proteggere i militanti curdi e altre organizzazioni considerate “terroristiche” da parte di Ankara.

Un comportamento considerato inaccettabile dal governo turco, tanto che il ministro degli esteri Mevlut Cavusoglu ha ribadito in maniera ferma al vertice di Berlino che «il problema è che questi due Paesi stanno supportando apertamente il PKK e l’YPG. Queste sono organizzazioni terroristiche che attaccano tutti i giorni le nostre truppe».

Inoltre il governo turco ha rimarcato anche l’errore commesso in passato, quando ha permesso la riammissione della Grecia nell’Alleanza Atlantica nonostante la pluridecennale rivalità geopolitica.

Di fronte a questo irrigidimento che potrebbe bloccare per lungo tempo le procedure di adesione, il presidente della Finlandia Sauli Niinistö ha dichiarato di rimanere comunque ottimista: «Le dichiarazioni della Turchia sono rapidamente cambiate e diventate più rigide negli ultimi giorni, ma sono sono sicuro che, con l’aiuto di costruttive discussioni, risolveremo la situazione».

Una situazione che va al di là della polemica con Svezia e Finlandia dato che Erdogan sta sfruttando la sua posizione di forza, in quanto membro chiave della NATO, per sistemare una serie di problemi militari, diplomatici ed economici che si sono creati negli ultimi anni a causa della disinvolta e ambivalente politica estera della Turchia.

Secondo alcune fonti riservate il governo turco ha posto una serie di condizioni per avere il suo via libera: la classificazione dei gruppi curdi come organizzazioni terroristiche da parte della NATO e la cessazione di qualsiasi supporto da parte dei Paesi membri dell’Alleanza, l’estradizione del dissidente Fethullah Gülen e altre 30 persone considerate come “terroristi”, la rimozione di tutte le sanzioni occidentali in seguito all’acquisto del sistema missilistico russo S-400, la riammissione nel programma dell’F-35 e la fornitura di nuovi aerei F-16.

Un insieme di condizioni che secondo vari esperti pongono problemi enormi e irrisolvibili dato che violano diverse leggi americane ed europee. Ma oltre a queste richieste, alcuni commentatori vedono dietro l’atteggiamento della Turchia il ruolo ambiguo della sua politica estera nei confronti della Russia, che da una parte viene sfidata tramite la fornitura di droni militari all’Ucraina, mentre dall’altra viene considerata una valido partner commerciale, oltre che strategico per alcune questioni mediorientali.

Molto probabilmente nelle prossime settimane le trattative dietro le quinte si faranno più serrate, vista anche la pressione che verrà esercita dai Paesi membri del Patto Atlantico spinti dal confronto in corso con la Russia.

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