Ambiente

Mondeggi, storia di una comunità agricola autogestita

Nel cuore della Toscana c’è una comunità autogestita in cerca di un rapporto agroecologico alternativo. Il progetto futuro è creare una Università della Terra, grazie anche al Pnrr
La zona dedicata all'apicoltura a Mondeggi (Bagno a Ripoli, Firenze),
La zona dedicata all'apicoltura a Mondeggi (Bagno a Ripoli, Firenze), Credit: dal sito: mondeggibenecomune.noblogs.org
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18 maggio 2022 Aggiornato alle 18:05

Ho incontrato Tito Tonietti durante la due giorni che Mondeggi Bene Comune ha organizzato per rilanciare l’idea della creazione dell’Università della Terra, un percorso di formazione e ricerca agroecologica, ma anche l’occasione per riflettere su pratiche alternative di educazione, sull’autogestione operaia a Rimaflow e Gkn, sul confederalismo democratico e il ruolo delle donne in Rojava.

Tonietti, ora in pensione, è un ex docente universitario di Storia della scienza. Mentre mangiamo pasta con bietole e ricotta, mi racconta di aver fondato una piccola casa editrice e di essere appassionato di musica classica. Soprattutto, mi confessa guardandosi intorno e ridacchiando, che oggi si aspettava di veder arrivare la polizia da un momento all’altro.

È infatti la prima volta che Mondeggi Bene Comune accoglie nei giardini della villa abbandonata. Ci sono tantə giovanə e qualche bambinə, la fila per il pranzo arrivato in pentoloni enormi alla fine della sessione mattutina, i tavoli e le panche di seconda mano vengono portati al bisogno, il sole appare di tanto in tanto dalle nuvole. Nei campi di ulivi, mia figlia si diverte a inseguire una scrofa con la prole.

Sono arrivate persone da tutta la penisola per parlare del presente e del futuro di questa realtà comunitaria nel comune fiorentino di Bagno a Ripoli. Oggi, la spada di Damocle è rappresentata dai 52 milioni di euro provenienti dal PNRR che la Città Metropolitana di Firenze ha deciso di investire a Mondeggi.

La Villa dovrebbe essere restaurata proprio con i fondi europei. Risalente al XIV secolo, fu dei Bardi e dei Portinai, donata poi allo Spedale di Santa Maria Nuova, fino a che nell’Ottocento venne fatta ristrutturare e ampliare dal Conte Ugolino della Gherardesca. Dopo vari passaggi di proprietà, nel 1964 entrò in possesso della provincia di Firenze.

Nel 2002, la Provincia tramite la Società Agricola Mondeggi-Lapeggi srl recupera i terreni circostanti e comincia a coltivare secondo modelli agricoli industriali fino a che non fallisce (lasciando un milione e mezzo di debiti) e abbandona la proprietà nel 2009.

Viene quindi messa all’asta nel 2012, dopo che il Governo Monti, per risanare il debito pubblico, autorizza la vendita di migliaia di ettari di terreni agricoli pubblici, ma si chiedono forse troppi soldi e Mondeggi non viene acquisito.

La rete nazionale di comunità in lotta per l’autodeterminazione alimentare Genuino Clandestino lancia a questo punto la campagna Terra Bene Comune, a cui aderiscono gruppi di resistenza contadina ed ecologista fiorentini che, assieme ai Gruppi di Acquisto Solidale e a qualche militante del collettivo di agraria, un centinaio di persone tra Firenze e Bagno a Ripoli in totale, si oppongono alla vendita.

Avviano quindi nel novembre del 2013 la Campagna Mondeggi Bene Comune Fattoria Senza Padroni. Nel 2014, prende avvio l’autogestione: una ventina di persone vanno ad abitare nei casolari del podere.

L’autogoverno della comunità diffusa di MBC “si ispira a principi di autogestione, cooperazione mutualismo,” come si legge sul sito. Le decisioni vengono prese tramite il metodo del consenso assembleare. Una gestione complessa, ammette Tonietti, perché in teoria “finché non siamo tutti convinti continuiamo a discutere.”

Dall’inizio dell’esperienza di MBC, ci sono state altre aste (quella del 2019, in particolare, andata deserta nonostante il ribasso a 9,5 milioni di euro), è nato il Mo.T.A., (Mondeggi Terreni Autogestititi), un progetto collettivo finalizzato all’autoconsumo, che permette a chiunque di prendersi cura di un piccolo pezzo di terra a Mondeggi.

Centinaia di persone coltivano esclusivamente con metodi biologici e contadini gli oltre 4.000 olivi. Viene incoraggiata la condivisione e le relazioni solidali tra partecipanti. È stato poi istituito il Mo.Va. (Mondeggi Vigna Autogestita) volto a recuperare la vigna abbandonata attraverso la gestione dei filari per la produzione di vino biologico, senza uso di fertilizzanti chimici, diserbanti e pesticidi. È nata l’associazione “Amici di Mondeggi” come tentativo di aprire ulteriormente a realtà associative locali.

Il dialogo con la Città Metropolitana (subentrata alla provincia nell’amministrazione del bene) resta aperto, anche se le relazioni con le istituzioni sono tese - qualche anno fa, Metrocittà si è costituita parte civile nel processo contro i cosiddetti occupanti. Nel novembre 2019, però, sono statə assoltə (per non aver commesso il fatto) 17 presidiantə dall’accusa di aver rubato acqua ed elettricità – il risarcimento richiesto era di oltre 100.000 euro - con festeggiamenti a cui ha partecipato anche l’ecofemminista indiana Vandana Shiva.

MBC consiste oggi in 170 ettari coltivati per lo più a olivi e viti, con piccoli orti e una produzione di grani antichi e zafferano, l’apicoltura, le produzioni erboristiche, la panificazione e la birrificazione.

Bisognerebbe diversificare di più, continua Tonietti. Uscire dalla monocultura. La canapa potrebbe essere una buona coltivazione da implementare.

Un altro problema, però, è la mancanza di persone disposte a lavorare la terra. “Parla con lui,” mi suggerisce indicandomi un signore sulla sessantina con una maglietta rossa. È Giovanni Pandolfini: contadino, appunto. Ha un’azienda agricola a conduzione familiare a Montespertoli. Anche Pandolfini fa parte del progetto di MBC sin dall’inizio. “Il problema è culturale,” dice. “Se prima della Seconda guerra mondiale avevamo 50% di addetti alla produzione del cibo in Italia, adesso solo 3.5% lo sono.”

Pandolfini si forma nei movimenti politici fiorentini e poi in quello ecologista di stampo cattolico con Giannozzo Pucci, fondatore della Fierucola, il primo mercato contadino senza veleni in Italia, impegnato nella diffusione dell’autonomia alimentare a livello locale. “Quello che abbiamo a Mondeggi non è la condizione contadina: ci sono persone che in maniera collettivistica gestiscono un territorio, per sviluppare principalmente un bisogno di convivialità,” mi spiega. “Il che va benissimo, se è quello di cui oggi c’è bisogno.”

“Ma il contadino è più una forma di vita che una condizione di lavoro,” aggiunge. “È come il filosofo.” “Conosci Jean Giono?” Mi invita a leggere la Lettera ai contadini sulla povertà e sulla pace del romanziere francese, uscito nel 1939. “Un saggio attualissimo.”

L’idea di lanciare l’Università della Terra a Mondeggi circola da tempo, lo stesso Pandolfini dice di averla proposta, sebbene adesso non sia coinvolto nel suo progetto di sviluppo. Tra le altre, mi racconta di Unitierra di Oaxaca, fondata da Sergio Beltrán e Gustavo Estava, e di altre Università della Terra messicane presenti in Chiapas (unica completamente indigena) a San Cristóbal del Las Casas e a Huitzo. “Abbiamo immaginato di creare dal basso un centro di formazione e ricerca dedicato ai temi dell’agroecologia,” annuncia il Comitato. “Soprattutto, un processo in cui condividere e trasmettere saperi e pratiche basate sull’uso condiviso della terra e dei suoi frutti, sulla cura dei territori, nel contesto di una critica radicale dell’educazione e dell’università tradizionale.”

Con i 52 milioni di euro del PNRR, Metrocittà conta di ristrutturare la villa ma anche i giardini, le cappelle, i poderi e le case rurali, nonché di recuperare il bosco e di avviare attività culturali e sociali nelle strutture - non ultima, l’idea di creare strutture ricettive e di ristorazione.

All’interno del Comitato di MBC il dibattito è acceso: c’è chi evidenzia l’opportunità e chi il pericolo. Secondo Pandolfini, si tratta di una controproposta all’iniziativa popolare di una comunità diffusa, e forse segnerà la fine della sovranità alimentare a Mondeggi. “Un’ingiustizia, commenta amaro, e pone una domanda di principio. “Perché prendere dei soldi a debito per sostituire ciò che viene già fatto in maniera gratuita?”.

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