Perché Tom è sempre Tom (Cruise)
Non ero ancora maggiorenne quando uscì l’originale, e quasi nessuno conosceva il sig. Tom Cruise, il cui sorriso splendeva dalle pareti della stanza di mia sorella. Ballavamo i lenti sulle note della canzone dei Berlin, volevamo i suoi Ray-Ban a goccia (prima che diventassero roba del sig. Del Vecchio), il suo giubbotto Schott con pelo e patacche colorate e la sua Kawasaki con cui sfrecciava senza casco e senza un capello fuori posto insieme alla bella istruttrice con boccoloni biondi e spalline imbottite.
Erano i tempi dei paninari (i più giusti a Milano si facevano chiamare Maverick e Iceman), ma soprattutto erano i tempi dell’America reaganiana, in cui lo spettatore in sala andava in visibilio per il dito medio del protagonista al cattivone del MIG sfiorato in volo, senza aspettarsi che da lì a tre anni sarebbe cascato il muro di Berlino e che dopo altri due anni l’Unione Sovietica si sarebbe disintegrata.
Ma più che uno spot bellicista e lasciando da parte le letture omoerotiche che di quel film ha dato Tarantino in uno spassoso monologo, quello era il primo blockbuster dell’era moderna, cinema di intrattenimento e superficie che, con la sua patina, trasmetteva pure pulsioni estetiche. Qualcuno ha sostenuto argutamente che Tony Scott avesse fatto agli aerei, ai combattimenti, alle divise e ai corpi maschili quello stesso trattamento estetico che Adrian Lyne aveva fatto al sesso, alle città e ai corpi femminili.
Ho visto giorni fa l’anteprima del sequel “Maverick” che, dopo mille rinvii pandemici, esce ora in pompa magna e sono sicuro che qualche maligno borbotterà che il tempismo sarebbe perfetto, per dare uno squillo di tromba alla “guerra per procura” di Nato e Stati Uniti contro Putin.
Anch’esso puro intrattenimento ma di altissima qualità, il nuovo capitolo non tradisce l’attesa durata 36 anni. Il protagonista, segnato dalla vita ma rimasto fedele a sé stesso dopo aver rinunciato a una facile carriera, viene richiamato dalle alte sfere per insegnare a un gruppo di arrogantelli primi della classe a volare bassi (in tutti i sensi) e a uscire vivi da una missione suicida contro un deposito di uranio in un fantomatico “stato canaglia” (non ci è dato sapere quale).
C’è ancora il sig. Cruise, che va ancora in moto senza casco, ha ancora gli addominali a tartaruga e i capelli corvini ma questa volta è più saggio e meno egocentrico. C’è ancora la bella di turno invecchiata anch’essa con grazia (non più però Kelly McGillis ma la ex Phenomena Jennifer Connelly), una ballata questa volta a firma Lady Gaga, un goccio di ironia e umorismo in più, un bel messaggio di stampo umanista contro la tecnologia imperante (“non conta l’aereo ma il pilota”), un rimando al passato con cameo strappalacrime, un momento Obi-Wan (“non c’è tempo per pensare, se pensi sei morto”) e soprattutto effetti speciali strabilianti, con ben 6 telecamere IMAX installate nella cabina di ciascun aereo e l’assenza di computer graphic, che rendono il tutto un’esperienza immersiva ed emozionante e restituiscono allo spettatore la sensazione di devastazione fisica ed emotiva dei piloti in volo. Nonostante la presenza di tutti gli schemi triti e ritriti dell’action movie il film incredibilmente funziona ed è immensamente godibile.
Da vedere, con blister di Travelgum, nella SALA con lo schermo più grande e il sonoro più avvolgente della vostra città.