Diritti

I passi (indietro) e gli sguardi altrove

Rosanna Oliva e Annie Ernaux. Cos’hanno in comune? Hanno aperto delle strade a tutte noi, che non vogliamo tornare indietro
Cristina Sivieri Tagliabue
Cristina Sivieri Tagliabue direttrice responsabile
Tempo di lettura 4 min lettura
14 maggio 2022 Aggiornato alle 07:00

Era ieri di 62 anni fa quando la 26enne Rosanna Oliva - dopo aver presentato ricorso alla Corte Costituzionale perché il Ministero dell’Interno non l’aveva ammessa al concorso per la carriera prefettizia - vinse.

Cosa voleva fare? Beh, con la sua laurea in Scienze Politiche e Sociali alla Sapienza di Roma desiderava poter accedere a un concorso pubblico per lavorare in Prefettura. E allora fece una cosa bella, con il suo professore di Diritto costituzionale. Fece causa per sé. Ma vinse per tutte. Perché quel ricorso, votato da tutti e quindici gli uomini della Corte presieduta dal giurista Gaetano Azzariti (classe 1881, morì l’anno successivo a questa storica decisione) aprì le porte non soltanto a se stessa, ma a tutte le donne che volessero accedere a carriere pubbliche.

Ho la fortuna di conoscere Rosanna Oliva e non credo di ricordare tra le nonne putative della mia vita persona più dolce e più aperta. Oggi è una sorta di simbolo italiano della parità di genere anche se forse non abbastanza nota perché tutte le dobbiamo qualcosa.

Ha aperto le porte di una carriera inaspettata - per esempio - alla prima donna che entrò a far parte della Corte Costituzionale, Maria Rosaria San Giorgio, che ha appena firmato un podcast dedicato a questa straordinaria sentenza. Il Corriere della Sera - quel giorno - titolò quasi allo scandalo: “Anche una donna potrà diventare Presidente della Repubblica”.

Già. Anche una donna potrebbe diventare presidente della Repubblica. Noi all’inizio de La Svolta ci avevamo un po’ scommesso, con ironia. Ma non solo ironia. Solo che invece il mondo va all’incontrario e allora ci tocca, come giornale, fare la cronaca delle decisioni che vanno all’indietro.

E invece che raccontare le svolte positive che abbiamo di fronte, o i grandi dibattiti per migliorare il nostro Pianeta e la libertà di espressione, ci tocca raccontare della Corte americana e dell’aborto negabile, e del ritorno del burqa in Afghanistan, e di Shireen Abu Akleh, ennesima giornalista uccisa in Cisgiordania, di quattro documentariste arrestate in Iran, di Maria Alyokhina, fuggita dalla Russia sotto travestimento da rider. E quante altre cose sono capitate solo questa settimana?

Si capisce perché anche un festival storico come Sguardi Altrove abbia deciso di dedicare un largo spazio della programmazione ai diritti, e abbia invitato non solo Drusilla Foer all’inaugurazione delle cinque giornate di cinema e spettacoli, ma abbia dedicato ampio spazio al reading di un romanzo di Annie Ernaux: L’evento.

Un libro che ha ispirato La scelta di Anne – L’Événement, film della regista francese Audrey Diwan, premiato lo scorso anno con il Leone d’Oro a Venezia. Un’opera che viene definita come “personale che diventa collettivo”. Proprio come la storia di Rosa Oliva, che da sola ha parlato per tutte. Così la voce - anche - di Sonia Bergamasco, che ha regalato la sua interpretazione di un libro che parla di una storia ambientata pochissimi anni dopo quella di Rosa. Anne, infatti, rimane incinta nel 1963 in una Francia in cui abortire è ancora illegale. E il suo dramma è il dramma di tutte se 50 anni dopo siamo ancora qui a parlarne.

Anche Sonia Bergamasco - a cui ho telefonato martedì scorso - la pensa così. Ha due figlie, giovani, e quando le chiedo cosa fa sì che Valeria e Maria diventino delle donne libere mi risponde: “Da quando sono bambine, anche attraverso la scuola, ho cercato di far sì che potessero scegliere sempre, per il loro meglio. Spronarle alla consapevolezza, in modo che non siamo mai succubi delle situazioni e delle persone. Cosa che le generazioni passate hanno subito di più, ecco, per loro no. Che la loro emancipazione le renda più sciolte dai legami che ci trattenevano in passato”.

La Bergamasco, attrice che ha interpretato in modo sublime tante storie importanti del nostro Paese, mi dice come se sentisse davvero l’urgenza di affermarlo, che “negli Usa c’è ancora la pena di morte in alcuni stati, ed è un Paese in cui ci sono tanti contrasti, razzismi, violenze. Sembra che si voglia nuovamente rimpicciolire lo spazio intorno alle libertà conquistate dalle donne che sono coloro che più soffrono in questo momento, anche dall’altra parte del mondo. In Ucraina, per esempio. In Afghanistan. In Italia abbiamo fatto tanti passi avanti ma il pericolo è sempre in agguato”.

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