Ambiente

Chi minaccia il gigantesco, innocuo squalo balena

Uno studio dell’Università di Southampton racconta come lo squalo balena sia in declino a causa dell’impatto con le grandi navi, che trasportano l’80% di quello che consumiamo
Credit: Ishan @seefromthesky/Unsplash
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16 maggio 2022 Aggiornato alle 13:00

Per molti appassionati di animali nuotare al suo fianco è un sogno. In certi luoghi del mondo, come in Messico, è considerata una esperienza da fare assolutamente “once in a lifetime”, una volta nella vita per provare emozioni che fanno davvero battere il cuore. Eppure, la stessa umanità che è disposta a sborsare quattrini per tuffarsi al suo fianco, sta contribuendo allo spaventoso declino del pesce più grande del mondo: lo squalo balena.

Gigantesco, innocuo e meraviglioso, questo pesce che può raggiungere anche 20 metri di lunghezza non se la passa affatto bene: il numero degli squali balena è diminuito di oltre il 50% negli ultimi 75 anni e nel 2016 la specie è entrata nella lista degli squali in via di estinzione.

A differenza di altri esemplari, decimati per la pratica del finning (il taglio delle pinne), per la sovrapesca, le catture accidentali, l’inquinamento marino e la perdita di habitat, questo enorme pesce secondo una nuova ricerca di Freya Womersley, dottoranda in Ecologia marina dell’Università di Southampton e David Sims, professore di Ecologia marina dello stesso ateneo, sta subendo le conseguenze di un altro problema legato all’uomo, il traffico marittimo.

Oggi si stima che oltre l’80% del commercio internazionale avvenga via mare. Buona parte di quello che consumiamo si sposta dunque sulle grandi navi che solcano gli oceani seguendo rotte marittime precise, come fossero autostrade.

Esattamente come avviene sulle nostre strade, in cui ogni anno vengono uccisi migliaia di animali di diverse specie, anche le navi impattano contro le creature marine: secondo la ricerca gli squali balena, che spesso passano tempo a ridosso della superficie, sono una delle specie più a rischio collisione.

Lo studio spiega infatti che questa minaccia potrebbe essere tra le principali cause di morte per il pesce più grande del mondo che è protetto da divieti commerciali di pesca, ma non dal possibile impatto con i trasporti marittimi. Spesso, ricordano inoltre i ricercatori, non c’è traccia di questi incidenti: se uno squalo balena viene centrato dallo scafo di una nave, il più delle volte non ha scampo e finisce nelle profondità del mare. Anche per questo è difficile, per la scienza, tenere conto di questa minaccia per la specie.

Ora, grazie a un lavoro che ha coinvolto oltre 60 scienziati in 18 diversi Paesi, gli esperti sono riusciti a tracciare le dinamiche degli incidenti: attraverso il satellite Global Shark Movement Project sono stati seguiti 350 squali balena dotati di tag elettronici, mappando così la loro posizione e scoprendo che spesso si trovavano lungo le rotte delle grandi navi.

Addirittura, alcuni dati mostrano come il 92% dello spazio orizzontale occupato dagli squali si sovrappone a quello delle attività delle grandi flotte. Nel Golfo del Messico, il Golfo Persico e il Mar Rosso gli esperti hanno individuato le zone con il rischio più elevato per gli squali balena, costretti a vedersela con bestioni di acciaio e ferro veloci circa 10 volte più di loro.

Questo significa che pochissimi squali, quando una nave è in arrivo, riescono a evitare un impatto mortale. Al momento, chiosano gli scienziati, non esistono normative internazionali per proteggere gli squali balena dalle collisioni tra navi ma la speranza è che, alla luce del nuovo studio, si intervenga a livello globale per trovare sistemi in grado di evitare gli scontri, a cominciare da regole che impongono di rallentare alle imbarcazioni o spostarsi con maggiore attenzione nelle aree dove sono più presenti squali e cetacei.

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