Ambiente

Se la guerra accelera la transizione verde

La politica vuole dare una spinta alle rinnovabili, contro i prezzi impazziti dei fossili. Ma in Italia bisogna velocizzare le misure di risparmio energetico. E gli ostacoli burocratici
Credit: Chttersnap/Unsplash
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9 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

Si deve accelerare la transizione verde in Europa dopo l’aggressione russa all’Ucraina? La reazione di molti autorevoli leader europei è stata netta. Per il vicepresidente della Commissione Frans Timmermans “bisognerebbe correre alla velocità della luce verso le rinnovabili”. Anche Mario Draghi alla Camera il 9 marzo non ha avuto esitazioni: “Aumentare il contributo delle fonti rinnovabili, ripeto e continuo a ripetere, resta l’unica strategia fondamentale nel lungo periodo”. E Romano Prodi propone di lanciare un “Patto Verde di Emergenza per ridurre il ricorso alle fonti fossili”.

Il messaggio che emerge è chiaro. I prezzi altissimi di gas ed elettricità e il rischio di un blocco degli approvvigionamenti impongono un’accelerazione delle energie verdi.

Bruxelles lancia così il piano REPowerEU per garantire ai cittadini europei “un’energia più sicura, sostenibile e a prezzi più accessibili”. ll piano prevede di “ridurre gradualmente almeno 155 miliardi di metri cubi di di gas fossile, equivalente al volume importato dalla Russia nel 2021“. Secondo la Commissione Europea “quasi i due terzi di tale riduzione possono essere raggiunti entro un anno”. Tra le misure proposte ci sono piani nazionali per accelerare la transizione energetica.

La Commissione ritiene che si debba arrivare a installare 480 GW di energia eolica e 420 GW solari entro il 2030.

L’associazione SolarPowerEurope va oltre, e afferma che l’UE potrebbe raggiungere i 1.000 GW fotovoltaici entro il 2030, rispetto ai 165 GW attuali, una posizione fatta propria da cinque Paesi europei (ma non dall’Italia).

Il nostro Paese, peraltro, secondo uno studio di Accenture e Agici, potrebbe diventare indipendente dal gas russo già nel 2023 con una transizione green “accelerata”.

Del resto, anche il mondo delle imprese afferma di poter fare un grande balzo in avanti. Ricordiamo la proposta dei 60 GW rinnovabili di Elettricità Futura in tre anni, che consentirebbero di dimezzare le importazioni di gas russo.

Ma in questo quadro vanno considerati anche i considerevoli contraccolpi dalla guerra e degli altissimi prezzi dell’energia. Ad aprile in Italia la produzione è infatti crollata del 2,5%. E poi c’è la decisione di destinare nuovi mezzi al riarmo. Pensiamo ai 100 miliardi di euro che la Germania intende indirizzare a questo obiettivo.

Il rischio in questo contesto è rappresentato dall’emergere di posizioni difensive che, incapaci di identificare soluzioni coraggiose, arrivano a sostenere che si debba rallentare la spinta verso la decarbonizzazione. C’è così chi propone di smantellare il Pnrr per ridurre la sua componente “green”.

Ed è incredibile come non si capisca che la migliore ricetta per fronteggiare i prezzi impazziti dei fossili sia proprio quella raccomandata storicamente dagli ambientalisti e oggi sollecitata dalla IEA e dalla Unione Europea.

Vanno accelerate le politiche di risparmio energetico. a esempio, secondo uno studio di Euase, sostituendo le caldaie a gas con pompe di calore si potrebbe eliminare entro il 2030 un quarto delle attuali importazioni europee di gas.

E si devono rimuovere gli ostacoli che impediscono una rapidissima crescita delle rinnovabili.

Prendiamo il caso tedesco. Berlino, scottata dall’incredibile dipendenza dai combustibili russi, ha drasticamente ridotto le importazioni di petrolio dal 35% al 12%, quelle di carbone dal 50% all’8% e sta acquisendo dei rigassificatori flottanti. E, significativamente, dopo l’aggressione all’Ucraina ha deciso di innalzare il già ambizioso target dell’80% di elettricità verde a fine decennio, portandolo al 100% al 2035.

Ma torniamo all’Italia. Il governo sembra incapace di avviare l’accelerazione necessaria. Pur in un contesto sostanzialmente bloccato, arrivano comunque i primi segnali interessanti.

Parliamo delle semplificazioni sul solare negli edifici e per gli impianti fino a 1 MW entro i 300 metri dal confine delle aree industriali.

Si smuove qualcosa anche sul fronte delle installazioni.

Nel primo trimestre sono stati installati 377 MW solari, molto meglio rispetto agli anni scorsi, ma ancora insufficienti rispetto all’accelerazione necessaria. La Germania, per esempio, nel mese di marzo ha installato 916 MW fotovoltaici.

E, soprattutto, rimane irrisolta la necessaria semplificazione per i grandi impianti, mentre incombe la posizione critica del Ministero dei Beni culturali. Ritardi burocratici e dinieghi di Soprintendenze e Regioni stanno bloccando quasi 60 GW di progetti eolici e fotovoltaici.

Ma saranno proprio i rischi connessi alla guerra a imporre un’accelerazione della diffusione delle rinnovabili.

E non va dimenticata infine una riflessione sul petrolio, vista la scelta europea di questi giorni di ridurre le importazioni dalla Russia. Ma questa è un’altra storia, che merita un approfondimento in un prossimo pezzo.

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