Diritti

Normalizziamo l’infertilità

Per 7 anni Loredana Vanini ha viaggiato tra cliniche e medici per rimanere incinta. Un percorso comune a 3 coppie su 10 in Italia. Lo racconta in un libro e in un social tour
La fotografa Loredana Vanini è l'ideatrice del progetto "Una delle tante", in cui ha raccolto 100 volti di donne infertili
La fotografa Loredana Vanini è l'ideatrice del progetto "Una delle tante", in cui ha raccolto 100 volti di donne infertili
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
7 maggio 2022 Aggiornato alle 13:00

Sette anni. Sette anni per diventare madre, tra cliniche per la fertilità, sensi di colpa e code in istituti in cui, al posto del nome, affibbiano un numero. «In uno dei tanti tentativi che ho fatto, ero la 16.816esima. Qualche mese dopo la cifra era triplicata. Mi dicevo: “Possibile che io mi senta sola in questa situazione quando siamo così tanti solo qui?”».

A raccontare alla Svolta la sua storia, simile a quella di moltissime coppie in Italia e non solo, è Loredana Vanini, fotografa e ideatrice del progetto Una delle tante.

«Sono sempre stata una persona molto aperta e cercare di rimanere incinta senza successo mi dava un senso di tristezza e riservatezza che mai avevo provato prima. Tre anni fa ho voluto dare un volto a questa situazione, alle persone che come me affrontavano questa battaglia nel silenzio generale», spiega Vanini.

Il libro raccoglie 100 ritratti di donne – uno è dell’autrice - che hanno smesso di provare vergogna nel non riuscire ad avere un figlio, per normalizzare una condizione che, anche se sempre più diffusa, continua a essere vissuta come una rarità difettosa. «L’infertilità riguarda 3 coppie su 10 in Italia», spiega Vanini.

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si tratta di “una patologia che si traduce nell’assenza di concepimento dopo 12/24 mesi di regolari rapporti sessuali mirati non protetti. Nel mondo interessa circa il 10-12% delle coppie”.

«Tra i medici c’è la tendenza a controllare esclusivamente la donna perché ha un apparato molto più complesso e dunque si analizzano le tube, l’endometrio, le ovaie. Poi, eventualmente, si fa lo spermiogramma (l’esame a cui gli uomini possono sottoporsi per verificare la propria salute riproduttiva, ndr). E se per noi è motivo di inadeguatezza e ci fa sentire donne a metà, per gli uomini è ancora peggio, va a intaccare la sfera della virilità, anche se ovviamente non c’entra nulla», racconta la fotografa.

Ciò che manca sono informazione e formazione a riguardo. Vanini cita anche l’esame dell’ormone antimulleriano – un banale esame del sangue - che valuta la fertilità e la funzionalità ovarica: «È da questo test che ho scoperto che stavo messa male, ma spesso una donna non se ne accorge perché il ciclo è regolare e tutto sembra essere nella norma».

I 100 ritratti raccolti da Vanini vogliono sfatare il mito che si tratti di battaglie individuali, poco diffuse, impossibili da affrontare: «Quando ricevi la diagnosi ti senti sola, ti senti l’unica in questa condizione. Ho riunito le testimonianze di tantissime donne italiane e britanniche, conosciute nelle varie cliniche che ho frequentato e sui gruppi Facebook che ne parlano, che sono tantissimi».

La comunità si è allargata quando, durante il primo lockdown, Vanini ha deciso di aprire una pagina su Instagram, One of many, e iniziare a parlare con professionisti esperti di Procreazione Medicalmente Assistita per fare delle dirette: «All’inizio mi seguivano le ragazze che avevo coinvolto nel mio progetto fotografico, ora siamo più di 7.000».

Sulla pagina si parla di ovodonazione con genetisti, biologi ed embriologi, di aspetti psicologici con terapisti di tutta Italia che trattano l’argomento, e di altre tecniche di Pma. Vanini spiega che oggi c’è un mercato della Pma, perché si tratta di tecniche costose e lunghe, in cui è necessario investire tempo e molti soldi: «Nel pubblico tra un tentativo e l’altro può passare anche un anno, mentre privatamente i tempi sono più veloci, ma si parla anche 5.000 euro a tentativo».

In questo scenario stanno nascendo delle figure non professionali che possono confondere le coppie, che in quei momenti tentano la qualunque. «Trovi l’ostetrica esperta di Pma – che non esiste, è la ginecologa a dover essere esperta di Pma -, poi la nutrizionista – e anche qui, c’è la biologa o l’embriologa -, la coach che parla di Pma: non esiste, si tratta di una patologia e come tale bisogna parlarne con uno psicoterapeuta che conosce la materia. Per questo ho deciso di creare un team composto da medici di riferimento provenienti da tutta Italia».

Nelle tappe del Social Tour, Vanini è affiancata da un team di esperti che la aiutano nella divulgazione e nella normalizzazione di queste patologie: “Un appuntamento di condivisione e socializzazione ma allo stesso tempo di informazione e consapevolezza. Perché? Perché non vogliamo più vergognarci” spiegano dai palchi di Roma, Firenze, Torino, Napoli, Milano. Per abbattere tabù di ogni genere sull’argomento e incontrare dal vivo esperti e coppie. E incentivare un dialogo sempre più diffuso sull’infertilità, una patologia che nel 2022 è ancora invisibile.

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