Diritti

Parlamento: la Corte americana dà, la Corte italiana toglie

Strani allineamenti astrali. Per l’aborto la Corte americana lascia l’intervento ai singoli governi nazionali. Per il cognome materno la Corte Costituzionale italiana assume il ruolo del decisore
I giudici della Corte Costituzionale: Giulio Prosperetti, Maria Rosaria San Giorgio, Augusto Antonio Barbera, Giovanni Amoroso, Franco Modugno, Daria De Pretis, Giuliano Amato, Giancarlo Coraggio, Angelo Buscema, Nicolo' Zanon, Francesco Vigano', Luca Antonini, Emanuela Navarretta, Silvana Sciarra e Stefano Petitti, Roma, 30 novembre 2021.
I giudici della Corte Costituzionale: Giulio Prosperetti, Maria Rosaria San Giorgio, Augusto Antonio Barbera, Giovanni Amoroso, Franco Modugno, Daria De Pretis, Giuliano Amato, Giancarlo Coraggio, Angelo Buscema, Nicolo' Zanon, Francesco Vigano', Luca Antonini, Emanuela Navarretta, Silvana Sciarra e Stefano Petitti, Roma, 30 novembre 2021. Credit: Credit: ANSA/Ettore Ferrari
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4 maggio 2022 Aggiornato alle 06:30

Accade che, una mattina di maggio nell’anno 2022, ti svegli nello Stato che annovera tra le cose più suggestive e belle una mastodontica statua che porta il nome Statua della Libertà e ti accorgi che la Suprema Corte degli Stati Uniti sta lentamente riportandoci, per noi donne, all’anno 1886.

È di pochi giorni fa notizia che la Suprema Corte degli Stati Uniti ha intenzione di mettere in discussione il diritto per una una donna di abortire.

Negli Stati Uniti d’America è sempre stato un tema divisivo quello del diritto all’aborto con la bilancia che pende sempre verso l’abolizione e non verso il suo riconoscimento.

Con questo ultimo provvedimento la Corte Suprema tende a ribaltare la storica sentenza Roe v Wade che prende il suo nome da Jane Roe, lo pseudonimo dato alla donna texana che nel 1969 voleva interrompere la gravidanza del suo terzo figlio, sfidando la legge dello Stato che vietava l’aborto, tranne nei casi in cui fosse in pericolo la vita della madre.

La Corte decise a larga maggioranza in favore della donna stabilendo che, sebbene la Costituzione non affronti direttamente la questione del diritto all’aborto, questo viene tutelato dal diritto alla privacy, in particolare con il nono e 14esimo emendamento, e che negare l’accesso all’aborto provoca dei danni che comprendono la minaccia alla salute fisica e mentale delle donne, costi finanziari e stigma sociale, affermando «Quindi noi concludiamo che il diritto alla privacy personale comprende la decisione di abortire», sostenendo di fatto che questo diritto deve «prevalere sugli interessi regolatori degli Stati».

Gli attuali giudici della Corte Suprema vogliono ribaltare questa sentenza affermando che “è arrivato il momento di tornare alla Costituzione e restituire la questione dell’aborto ai rappresentati del popolo”. Saranno i singoli Stati a decidere sul da farsi.

Confidiamo nel ravvedimento dei giudici della Corte Suprema degli Stati Uniti e salutiamo la decisione storica della sentenza della Corte Costituzionale che ha stabilito che i genitori potranno decidere se dare ai figli soltanto il cognome del padre, soltanto quello della madre, oppure entrambi i cognomi. In assenza di un accordo per i bambini che nasceranno sarà possibile avere i cognomi di entrambi i genitori.

E mentre aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza per capirne tutte le applicazioni notiamo una coincidenza: una vera e propria apertura della Corte su alcuni temi che spero si estenda anche ad altri diritti legati strettamente a decisioni che riguardano la sfera personale di ognuno di noi.

L’Italia, Paese considerato troppo spesso retrogrado e conformista, si conferma invece uno stato liberale e all’avanguardia su alcuni temi. E arriva prima - bagnando il naso - al Parlamento.

A caldo, vien da pensare: teniamoci stretti il Duomo di Milano e il Colosseo, e lasciamo loro la Statua della libertà.

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