Ambiente

Chi pagherà per il clima? Ovvio: le economie più povere

Uno studio rivela che entro il 2050 il Pil globale potrebbe perdere il 4% a causa dei disastri ambientali. Colpendo in particolare i Paesi più fragili
Credit: Milind Ruparel
Fabrizio Papitto
Fabrizio Papitto giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
2 maggio 2022 Aggiornato alle 17:00

Secondo un’analisi condotta dalla società di rating S&P Global, entro il 2050 il cambiamento climatico potrebbe causare una perdita del 4% del prodotto interno lordo globale. A farne le spese sarebbero in primo luogo le economie più povere.

«Paesi localizzati intorno all’equatore e i piccoli stati insulari sono in genere altamente vulnerabili ai cambiamenti climatici. Questi luoghi tendono a ospitare Paesi meno sviluppati con economie meno diversificate», si legge nel rapporto, secondo il quale è probabile che i Paesi a reddito medio-basso subiscano perdite del Pil in media 3,6 volte maggiori rispetto a quelli più ricchi.

Ad aggravare la loro condizione c’è il fatto che i primi «spesso mancano dei mezzi finanziari e della forza istituzionale necessaria per rispondere a questo tipo di eventi rispetto ai Paesi ad alto e medio reddito, che possiedono una maggiore capacità di adattamento», afferma lo studio.

Ad essere più colpita risulta l’Asia meridionale, dove incendi, inondazioni, tempeste e innalzamento del livello del mare mettono a rischio il 15% del Pil con un’esposizione 10 volte maggiore dell’Europa, la regione in assoluto meno colpita.

Al secondo posto in termini di perdita del Pil si attestano Asia centrale, Africa subsahariana, Medio Oriente e Nord Africa (Mena). Pur registrando rischi ambientali inferiori di circa il 50%, a pesare è la minore prontezza nella risposta all’emergenza che si registra nel Mena.

Entro la metà del secolo, stima il rapporto, «è probabile che l’80% dei paesi dell’Africa subsahariana abbia più di 45 giorni di ondate di calore all’anno».

Alcuni Paesi hanno già iniziato a pagare il prezzo del cambiamento climatico. Negli ultimi 10 anni, secondo i dati forniti dalla compagnia di assicurazioni Swiss Re, tempeste, incendi e inondazioni hanno determinato una perdita annuale corrispondente allo 0,3% del Pil globale, mentre le recenti ondate di calore hanno inciso per un valore dello 0,3%-0,5% del Pil nella sola Unione Europea.

L’Organizzazione meteorologica mondiale (Wmo) riferisce che negli ultimi 50 anni ogni giorno si è verificato in media un disastro ambientale che è costato 202 milioni di dollari causando la morte di 115 persone, il 90% delle quali nei Paesi in via di sviluppo.

Anche se oggi il numero di morti è diminuito di circa tre volte grazie ai migliori sistemi di allerta e a una capacità di gestione delle catastrofi più efficace, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di disastri (Undrr) la loro frequenza negli ultimi 50 anni è aumentata di quasi 5 volte, e se la tendenza continua si potrebbero raggiungere 560 disastri l’anno entro il 2030, il 40% in più rispetto al 2015.

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