Culture

Il Quarto Stato va in trasferta

In occasione della Festa dei lavoratori, il capolavoro di Pellizza da Volpedo è stato temporaneamente trasferito da Milano a Firenze
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
1 maggio 2022 Aggiornato alle 17:00

A bordo di un furgone lungo 16 metri, Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo ha abbandonato la sua dimora presso il Museo del Novecento a Milano per essere collocato nella splendida Sala dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze.

Il dipinto, dalle dimensioni enormi (3 metri per 5) e dal valore simbolico indiscusso, dopo la scansione 3D che ne ha rilevato lo stato di salute, è stato calato dalla finestra e caricato sull’automezzo seguendo la procedura inversa con cui il capolavoro fece il suo ingresso al Palazzo dell’Arengario.

Il quadro, assurto nel tempo a vero e proprio “manifesto pittorico del proletariato italiano” per la folla di braccianti che in segno di protesta avanza compatta, con incedere lento e sicuro, farà da sfondo all’evento presenziato dal Ministro Andrea Orlando e dai sindaci Giuseppe Sala e Dario Nardella, in occasione della Festa dei lavoratori. E rimarrà fino al 30 giugno a Firenze.

Un prestito insolito, quello pattuito tra Milano e la città del giglio, dal momento che l’accordo stretto dalle due amministrazioni, in realtà, non stabilisce con quale opera Firenze dovrà ricambiare Soprattutto quando si tratta di dipinti così celebri, i trasferimenti avvengono solo dietro pagamento di un canone d’affitto oppure in cambio di un costoso restauro o di un’altra opera.

“I rapporti fra le due città sono così buoni, che sono certo ci accorderemo per un prestito all’altezza” ha dichiarato Tommaso Sacchi, l’assessore alla Cultura prima al comune di Firenze, fino allo scorso anno, e attualmente a Milano.

Opera di altissimo valore iconico, per dimensioni e stato di conservazione, Il Quarto Stato ha lasciato raramente la città di Milano, l’ultima volta nel 2008 per una mostra alle Scuderie del Quirinale.

Ma in passato il quadro è stato spostato più volte. Accolto tiepidamente dal pubblico nel 1902, aveva riscosso successo solo dopo la morte dell’autore. Deve parte della sua fortuna anche alle decine di riproduzioni realizzate per i sindacati e i movimenti socialisti e comunisti nel prima metà del secolo scorso e alle tante versioni parodiate e reinterpretazioni di cui è stata oggetto nella seconda metà.

Con una raccolta fondi l’opera era stata prima collocata nella Sala della Balla del Castello Sforzesco, poi a Palazzo Reale e infine a Palazzo Marino, tanto che nel corso di uno di questi avventurosi trasferimenti, era stata danneggiata.

“Tutti questi spostamenti hanno reso Il Quarto Stato una sorta di poster, un manifesto” spiega a La Svolta Barbara Bracco, professoressa di Storia Contemporanea all’università Bicocca di Milano, che coordina all’interno del progetto Mobartech tutte le linee di ricerca dell’ateneo sul quadro, in merito al valore storico-artistico ma anche riguardo allo stato di conservazione dell’opera. La professoressa ha contribuito assieme a un team di ricerca composto da Anna Galli (fisica applicata), Rita Capurro (storia dell’arte e museologia), Aurora Scotti (storia dell’arte) e Gregorio Taccola (storia contemporanea) – ad uno studio inedito e interdisciplinare sul quadro.

Il momentaneo trasferimento, inoltre, potrebbe rivelarsi utile per ripensare la collocazione nel Museo del Novecento, al momento giudicata infelice: in una teca vicino alla rampa che porta al museo, in una posizione angusta e un po’ sacrificata, che rischia di non dare giustizia al dipinto.

“Ultimamente c’è la tendenza a optare per l’esposizione di una singola opera, totalmente decontestualizzata” spiega Barbara Bracco. “Gli storici dell’arte sono spesso contrari a queste scelte sia per la fragilità dell’opera, sia perché il trasferimento di un unico quadro rischia di ridursi a un’operazione culturale un po’ misera. In questo caso, però, il prestito al comune di Firenze e l’inaugurazione in una ricorrenza come quella del 1° Maggio, fa calare l’opera in una cornice di senso molto particolare e reca con sé una serie di riflessioni sulla storia di lungo periodo italiana ed europea, perfettamente sintetizzata dal quadro di Pellizza da Volpedo”.

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di Redazione 1 min lettura