Come stanno le nostre periferie

Le periferie. Luoghi di disuguaglianze socio-ambientali e insieme contesto dove si è insediato un importante attivismo sociale e culturale. Che ha originato processi di innovazione sociale, civica e ambientale, come l’esempio virtuoso della Comunità Energetica e Solidale di Napoli Est: un insieme di quaranta famiglie che, grazie a un impianto fotovoltaico produrranno energia, dividendo il ricavato come supporto alla povertà energetica nel quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio.
Oppure ancora i casi di San Siro e Scampia, dove l’università si mette in gioco, modificando i propri statuti e la propria didattica. «Formando delle giovani generazioni che professionalmente siano consapevoli della complessità della città, non solo delle parti più centrali», ha ricordato il giornalista Francesco Erbani.
Il tema di questi particolari spazi urbani è stato protagonista del convegno “Le periferie urbane. Dagli interventi straordinari alle politiche ordinarie”, organizzato da Legambiente, Forum Disuguaglianze e Diversità e Forum del Terzo Settore.
L’incontro, come hanno spiegato i promotori, ha voluto mantenere aperto il dibattito per riflettere sulle opportunità offerte dal PNRR e sugli altri strumenti di intervento. Con il fine di affrontarne i bisogni e le emergenze e insieme creare nuove occasioni in direzione della transizione ecologica.
«Tanto volte è stato ripetuto che non dobbiamo sprecare l’occasione che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta. Dobbiamo guardare alle periferie anche attraverso le risorse del PNRR per capire se stiamo andando nella giusta direzione - ha spiegato Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente - Ora vogliamo parlare non tanto di quante risorse si stanno spendendo ma di quali politiche si stanno portando avanti nelle periferie, vittime della crisi sociale acuita dall’inflazione. Un milione di persone potrebbe entrare nella soglia di povertà».
Secondo Enrico Giovannini, ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, nei prossimi anni alcune città avranno una quantità di lavori pubblici a cui non sono abituate. «Il rischio è che si piantino fisicamente. Questo è un tema da un lato culturale, dall’altro politico, di enorme rilievo. Rischiamo di avere una reazione negativa da parte dei cittadini, ma questa può essere anche una opportunità importante per un cambiamento nel settore della mobilità, abbinato ad altri aspetti, per cambiare drasticamente le nostre abitudini».
«Guardare a questi spazi urbani, dove si situazioni di disagio e si acuiscono situazione di solitudine e difficoltà ha spiegato Zanchini - Nelle periferie italiane dobbiamo passare dalle politiche straordinarie a quelle ordinarie. Siamo l’unico Paese dell’Ocse che non considera questi temi una politica nazionale e insegue il tema delle periferie con delle sperimentazioni trattando anche con cui ci si ricava degli spazi per queste sperimentazioni da dei poteri che stupidamente sono stati trasferiti alle regioni».