Diritti

Le fate ignoranti ci insegnano ad amare

Tradimento, bisessualità, omosessualità, finalmente una serie che ci libera da ogni opprimente stereotipo. E racconta con poesia come il desiderio vada oltre genere ed età
Una scena della serie "Le fate ignoranti"
Una scena della serie "Le fate ignoranti"

Lui, generalmente più anziano della compagna, viene scoperto da lei, la compagna o moglie, che legge un suo messaggino sul cellulare e scopre che viene tradita con una ragazza ancor più giovane. Seguono urla, lanci di oggetti, scene drammatiche. La soluzione del conflitto in genere è binaria: o lei decide di perdonare, salvo imporre regole di fedeltà più ferree, o avviene la separazione.

Questa è, normalmente, la rappresentazione del tradimento nella commedia italiana, stile Muccino, ma non solo. La gelosia è un sentimento dominante, come racconta, a esempio, la recente serie Fedeltà, dove la protagonista cerca morbosamente tracce del tradimento, e appare costantemente cupa e ansiosa.

Insomma, è raro che in film e serie tv italiane ci si salvi da rappresentazioni dei sentimenti stereotipate, perché anche i tentativi migliori finiscono sempre nel cliché. Cliché non indolori quanto a effetti, perché il cinema non solo ci rappresenta, ma modella anche i nostri comportamenti e indica valori. e in genere, quello che il cinema italiano ci dice, è che la coppia è fatta da uomo e donna, oppure da uomo e uomo o donna e donna nei casi più avanzati, ma senza possibilità di cambiamento. Che il tradimento è un evento devastante e il traditore colpevole. Che le donne non possono stare con uomini più giovani.

Per tutto questo, forse, mi ero avvicinata alla serie tv Le fate ignoranti con un certo timore. Pur trattandosi di Ferzan Özpetek temevo di incappare in una sceneggiatura comunque un po’ prevedibile, in un racconto dei sentimenti se non scontato comunque non spiazzante. Tanta era la paura che le prime due puntate me le sono viste in inglese, quasi per scongiurare il terrore dell’italico cliché. E invece.

Il tradimento come occasione di cambiamento

Invece Le fate ignoranti mi hanno coinvolto intensamente. Per tutta la serie, otto puntate, ho tentato di indovinare la scena o lo sviluppo successivo, e non ci sono riuscita, come è stato impossibile prevedere la conclusione. Raramente capita. Quello che Özpetek è riuscito a mettere in scena è un racconto poetico, ma soprattutto profondamente realistico, dei sentimenti umani privo di ogni moralismo.

La serie è incentrata su un tradimento. Quello di Massimo verso la moglie Antonia. Non è l’unico tradimento, se così si può chiamare nel linguaggio di Özpetek. C’è anche quello di Anna con Annamaria, una coppia lesbica sposata. C’è anche quello della madre di Antonia con un generale. La ferita esiste, ma il tradimento non diventa mai un evento drammatico cieco, un muro. Come tutto ciò che accade nella serie, gli eventi danno luogo ad altri eventi, e persino da fatti tragici, persino da un lutto, può nascere, come di fatto accade, un cambiamento impensabile. Un insegnamento quasi buddista, che consente di vedere le vite dei protagonisti con fluidità.

Non opporsi agli eventi

E allora il primo insegnamento, o meglio suggerimento, che questa serie ci dà è quello di non opporsi a un evento che accade, anche quando doloroso. Accettarlo come parte della vita, sia nel modo un po’ cinico con cui la moglie del generale ringrazia la sua amante per averla liberate da “quelle pratiche noiose”; sia quando Annamaria si prende cura della moglie che si è innamorata di un’altra; sia quando, soprattutto, Antonia finisce per accettare che il marito avesse un’altra vita, ne comprende le ragioni, anzi, lentamente, usa persino il tradimento per uscire da una vita solitaria e triste e conoscere il suo amante e i suoi amici.

Siamo tutti un po’ bisessuali

Ma Le fate ignoranti ci raccontano anche un’altra cosa. Spesso anche l’omosessualità, quasi sempre maschile, viene rappresentate in maniera stereotipata. Soprattutto, se un uomo ama un uomo, così è e basta. Nella serie, invece, i rapporti sono fluidi. Così anche un uomo che ama gli uomini può sperimentare, con sorpresa e magari fatica, di provare un sentimento intenso verso una donna. Il desiderio scorre tra essere umani, non tra generi e può dare luogo a relazioni inedite. Questo è liberatorio, come è liberatorio che non ci sia questione di età o bellezza e infatti qui le coppie sono diverse e disparate, non sempre lei è bella o giovane quanto lui e vivaddio nulla importa. Le fate ignoranti ci dicono che ci si innamora di una persona, appunto, al di là di tutto. Ci dicono anche che, in fondo, siamo tutti un po’ bisessuali e anche questo, nel Paese dove questo è un tabù, fa del bene. Perché forse lo sappiamo, ma intense barriere culturali ce lo impediscono. E il cinema serve anche questo, a cambiarle, buttarle giù.

Quanto è erotico il sentimento

Ma non è tutto. Non c’è solo il tradimento come un evento normale della vita, non c’è solo la morte come nascita di altro, non c’è solo la bisessualità liberata. C’è anche un modo nuovo di raccontare la sessualità stessa che ho trovato molto importante. Il corpo dei protagonisti è vivo e presente, il desiderio sessuale è forte e vivo, anche se non si vedono quasi mai scene di sesso. E un motivo c’è. Il desiderio di toccarsi e amarsi fisicamente scaturisce sempre da un sentimento intenso, quello che lo spettatore avverte e condivide. E allora per avvertire quell’emozione acuta che spinge poi alla sessualità non serve far vedere molto. Basta far sentire la passione che corre attraverso un sguardo (gli sguardi in questa serie sono protagonisti). Basterà un bacio – quanto rivalutati sono anche i baci in questa serie! – a raccontare un erotismo profondo, che però, appunto, non sempre significa che accada qualcosa un dopo. Perché si è detto già tutto altrimenti.

La famiglia allargata che salva

Nella serie si racconta anche un modo di essere famiglia diverso. C’era già nell’omonimo film questa idea di una grande famiglia, fatta di amici che diventano un po’ confidenti, un po’ parenti, tutti diversi. Il messaggio che arriva è una sorte di de profundis per la famiglia nucleare, padre-madre-figlio, o coppia sola. Limitarsi ai sempre più scarni rapporti di parentela, come fa Antonia, persino quando ancora Massimo è vivo, genera spesso solitudine. Entrare in un mondo aperto, gioiosamente affollato, stempera i drammi, aiuta a relativizzare anche le scoperte più angoscianti. C’è sempre ironia in questa famiglia allargata, che non è svalutazione della serietà degli eventi, ma provare, appunto, ad accettarli e vederli da un’altra prospettiva. Una delle cose più belle della serie è che spesso, dopo momenti intensi o scoperte appunto relativamente scioccanti, i personaggi ridono, invece di lanciare oggetti e gridare. Non sono risate che sminuiscono, ma un modo diverso, e sorprendente, di scaricare una tensione e risolvere un conflitto. Quando la madre di Antonia viene a sapere che l’amante del genero era un uomo, scoppia in una risata irrefrenabile. È un modo di liberarsi dalla tensione, non, appunto, una banalizzazione. Ma la frase che l’accompagna è molto vera: “La vita non smette di sorprenderti”.

L’altro non è un mai possesso

Invece Özpetek ci sorprende ancora andando avanti. Perché fa un passo ulteriore, quando, con la partenza di Antonia, suggerisce che ogni famiglia, anche quella felicemente allargata, fatta di pranzi e cene condivise e balli, può diventare un limite. Che ci sono dei momenti in cui bisogna fare ancora un cambiamento, sempre seguendo il flusso che la vita suggerisce, sempre per guardarsi anche un po’ da fuori. È un messaggio importante, come lo è quello forse ancor più fondamentale al centro della serie: l’altro non è mai un tuo possesso. In qualsiasi relazione, occorre rispettare la libertà perché è solo nella libertà che scorre il desiderio. Può essere doloroso, ma può essere anche liberatorio. E allora forse la scena più simbolica della serie è quella in cui Antonia decide di aprire l’urna del marito che custodiva gelosamente e versare le acque nel lago. Accettando appunto le scelte dell’altro. Ma sapendo che, comunque, anche lasciando libero l’altro, non si resta soli. Perché esiste un’umanità pronta ad amare.

Uscire dai pianerottoli, incontrare il mondo

E allora se qualcuno può pensare che la serie non affronti i veri conflitti, così come ignori i temi sociali (ma è giusto così, perché questo permette di focalizzarsi su un laboratorio incredibile di rapporti umani), si può rispondere che Le fate ignoranti sono solo apparentemente leggere, anzi non lo sono affatto. C’è molta felicità ma anche molto dolore. Solo, quest’ultimo, diventa più leggero se condiviso. Quanto è inutile gridare, mostrando l’amor proprio ferito quando un compagno ti tradisce! Quanto più utile sedersi a tavola con altri, parlarne, chiedere aiuto. Ma questa tavola, nel nostro Paese cattolico, non c’è più, o è fatta solo di parenti. E allora, quello che ci propone Ferzan Özpetek è un rovesciamento culturale: uscite dai vostri pianerottoli. Ciò che c’è fuori, il mondo, vi aiuterà a capire e sostenere anche i dolori privati più grandi. E guardare oltre con fiducia, perché è difficile che la vita ti sorprenda se non sei disposto a che ciò, almeno un poco, accada.

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