Futuro

L’offerta che Twitter non può rifiutare

Da giorni Elonk Musk, il ceo di Tesla e SpaceX e anche l’uomo più ricco del mondo, sta tentando di comprare Twitter. Il suo scopo è dare libero sfogo alla libertà di parola sulla piattaforma
Elon Musk, CEO di Tesla, mentre partecipa all'apertura della fabbrica Tesla di Brandeburgo, il 22 marzo 2022.
Elon Musk, CEO di Tesla, mentre partecipa all'apertura della fabbrica Tesla di Brandeburgo, il 22 marzo 2022.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
22 aprile 2022 Aggiornato alle 17:00

Elon Musk ce la sta mettendo tutta per comprare Twitter.

Negli ultimi giorni si è assicurato finanziamenti da 46,5 miliardi di dollari per tentare di acquisire una quota di controllo della piattaforma. Della cifra totale, 25,5 miliardi sono prestiti e i restanti 21 miliardi provengono da altre fonti, che non ha voluto specificare. Per ora è noto che l’amministratore delegato di Tesla e di Space X dovrà circa 13 miliardi di dollari a un gruppo di banche guidate da Morgan Stanley, il suo consulente finanziario.

Se l’accordo andasse a buon fine, dice il Financial Times, si tratterebbe del più grande leveraged buy-out della storia, ovvero il maggiore acquisto di una società attraverso l’indebitamento mai fatto prima.

La scorsa settimana Musk aveva fatto un’offerta ostile da 43 miliardi di dollari all’azienda, valutando ogni azione 54,20 dollari ciascuna: in gergo finanziario, si chiama ostile quell’offerta pubblica di acquisto – Opa - in cui un soggetto cerca di acquisire una società contro la sua volontà. In poche parole, l’acquirente, in questo caso Musk, va direttamente dagli azionisti della società target, in questo caso Twitter, senza dover ottenere l’approvazione della direzione.

Per ora, il consiglio di amministrazione ha fatto sapere di essere “impegnato a condurre una revisione attenta, completa e deliberata” dell’offerta. Musk possiede già il 9,2% del social media da quando, il 4 aprile 2022, aveva acquistato la quota e diventando, così, il maggiore azionista. Il suo investimento vale circa 2,9 miliardi di dollari e le azioni acquisiste sono circa 73,5 milioni.

La scorsa settimana il consiglio di amministrazione di Twitter ha lanciato la cosiddetta “pillola velenosa”, ovvero un piano per i diritti degli azionisti che consente loro di acquistare azioni fortemente scontate nel caso in cui qualcuno acquisisca una partecipazione maggiore del 15% della società senza il sostegno del consiglio. Si tratta di una strategia di difesa, di una barriera usata per scoraggiare Musk e i suoi tentativi di acquisizioni ostili.

Ma qual è l’obiettivo di Musk? Giovedì scorso, in una lettera al consiglio di amministrazione, ha definito Twitter la «piattaforma per la libertà di parola in tutto il mondo», che però non può realizzare questo «imperativo sociale» nella sua forma attuale e «ha bisogno di essere trasformato in un’azienda privata». Prima della sua offerta iniziale, l’imprenditore di origini sudafricane aveva segnalato una serie di possibili cambiamenti che avrebbe apportato, se avesse potuto, tra cui l’introduzione di un tasto di modifica dei cinguettii una volta pubblicati e la rimozione della pubblicità.

Musk, il 25 marzo, aveva lanciato un sondaggio su Twitter: «La libertà di parola è essenziale per una democrazia funzionante. Credi che Twitter aderisca rigorosamente a questo principio?», aveva chiesto ai suoi 82 milioni di followers. Dei 2 milioni di votanti, il 70% ha risposto no. Il giorno successivo aveva continuato: «Dato che Twitter funge de facto da piazza pubblica cittadina, il mancato rispetto dei principi della libertà di parola mina fondamentalmente la democrazia. Cosa si dovrebbe fare? Serve una nuova piattaforma?».

Negli ultimi risultati trimestrali Twitter ha registrato un aumento di utenti attivi giornalieri di 25 milioni, raggiungendo quota 217 milioni. A partire dalla pandemia, il social ha attirato un pubblico composto prevalentemente da scienziati, epidemiologi e divulgatori, oltre che una risorsa di riferimento per chiunque cerchi di dare un senso alla marea di ricerche sulla pandemia. Lo spiega un studio pubblicato sulla rivista scientifica Science, che calcola il numero medio di tweet giornalieri: 500 milioni. L’interesse di Musk, laureato in Fisica, per la piattaforma, conferma questo trend.

Il dialogo tra scienza e Twitter è arrivato più tardi del previsto: nel 2006, anno di lancio della piattaforma, molti avevano previsto che gli scienziati si sarebbero riversati sui social media come ulteriore canale di divulgazione oltre ai tradizionali, eppure molti furono scoraggiati dal vasto pubblico non scientifico della piattaforma, altri dai (soli) 140 caratteri disponibili (vista l’abitudine ai papiri scientifici). Di conseguenza, prima della pandemia solo il 2% degli scienziati che hanno pubblicato delle ricerche, e non più di un ricercatore su cinque negli Stati Uniti e in Europa, aveva account Twitter.

Poi, con la pandemia, gli studiosi hanno trovato la piattaforma perfetta e funzionale per scambiarsi informazioni tra loro e verso un pubblico assetato di dati e notizie. Circa il 51% degli articoli di riviste a tema pandemia era stato menzionato in almeno un tweet fino a maggio 2021, secondo un rapporto di Research on Research Istitute. Quanto durerà questo cambio di approccio alla piattaforma? Ma, soprattutto, se Twitter è riuscito a trasformare la comunicazione scientifica, chi trasformerà Twitter?

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