Diritti

A che punto è la democrazia nel mondo

Pubblicato dalla Ong Freedom House il rapporto Nations in Transit 2022 che fotografa lo stato della democrazia globale. Da 18 anni in declino in Europa e in Asia Centrale
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25 aprile 2022 Aggiornato alle 11:00

Ogni anno l’organizzazione non governativa internazionale con sede a Washington DC, Freedom House, fotografa la situazione della democrazia nel mondo. E per il 18esimo anno consecutivo avverte l’Europa e l’Asia Centrale sul declino di quella forma di governo che si basa sulla sovranità popolare. E che sta scomparendo.

“Da anni ormai gli autoritarismi sono all’offensiva, mentre le pratiche liberaldemocratiche sono state sempre più eliminate. Nelle relazioni tra Stati sono proliferati conflitti, coercizioni e attacchi alla legittimità di principi e istituzioni chiave a scapito del dialogo in buona fede e della ricerca di interessi comuni – si legge nel rapporto appena pubblicato e intitolato “Nations in Transit 2022”. A livello nazionale, demagoghi e dittatori calpestano lo stato di diritto e la separazione dei poteri”.

Il rapporto rileva che ci sono molti regimi autoritari che stanno diventando più aggressivi, come Russia e Bielorussia. E altri, in particolare Paesi dell’Europa centrale, orientale ed eurasiatica, che stanno andando verso la direzione dell’autoritarismo, pur mantenendo un’impalcatura di elezioni democratiche. Come spiega il rapporto, per la prima volta nel 21° secolo, la forma di governance prevalente nella regione delle “Nazioni in transito” è il regime ibrido – all’inizio dell’anno l’Economist aveva pubblicato i risultati del Democracy Index relativo al 2021, l’indice che misura il livello di democrazia degli Stati, secondo cui il 45,7% della popolazione mondiale vivrebbe in una democrazia piena o imperfetta, il 17,2% in un regime ibrido e il 37,1% in uno autoritario.

A cambiare le carte in tavola rispetto alle prime settimane di febbraio 2022 – data di pubblicazione del Democracy Index – e la fotografia di Freedom House, la guerra di Putin in Ucraina, definita come “l’ultima e più grave espressione della sua influenza criminale e maligna sugli Stati vicini”. L’operazione militare speciale, come viene chiamata dal presidente russo e “che ha già causato lo sfollamento di milioni di persone e ha minacciato la vita di altri milioni, rappresenta una sfida esistenziale non solo per la sovranità dell’Ucraina, ma anche per l’ordine internazionale liberale”. E anche se dovesse fallire, sottolinea Freedom House, è riuscita a destabilizzare la regione accelerando la tendenza verso l’autoritarismo.

I Paesi “segnalati” nella regione europea e dell’Asia centrale, sono infatti diretti verso 2 direzioni, l’autocrazia in piena regola e la zona grigia della governance ibrida: a rientrare nella prima categoria, Azerbaijan, Bielorussia, Russia e i cinque Paesi dell’Asia Centrale. Su 29 Paesi nell’area, 11 sono già regimi ibridi contro i 4 del 2004, e solo 6 sono ancora designati come democrazie consolidate, rispetto agli 8 di quando è iniziato il periodo di declino 18 anni fa: Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Slovacchia e Slovenia.

Colpiti dagli effetti corrosivi dell’illiberalismo e della corruzione, tutti e 6 hanno subito un calo del punteggio quest’anno. “Se questi modelli persistono”, continua il rapporto, “dipende dai difensori della democrazia liberale. Il pericolo rappresentato dall’invasione dell’Ucraina sta già galvanizzando i democratici del mondo come nessun’altra crisi nella storia recente, ma ci vorrà una controforza significativa e sostenuta per riportare la regione su una traiettoria positiva. I leader regionali e globali devono raccogliere la stessa determinazione degli ucraini se vogliono resistere all’aggressione autoritaria e invertire il declino democratico che va avanti da 18 anni”.

Intervistato dal Washington Post, Michael Abramowitz, presidente di Freedom House, ha sottolineato come i media ricoprano un ruolo fondamentale nell’arginare la marea dell’autoritarismo: «Una stampa libera che non ha paura di dire la verità al potere non è negoziabile nella società democratica, perché fornisce un controllo accessibile e indipendente sulla propaganda di regime».

Per Abramowitz, la censura di Putin nei confronti dei media e dei cittadini mostra quanto sia importante la libertà di stampa e di espressione per le basi della democrazia, e quanto ancora gli autoritari siano spaventati dalle voci di dissenso. Lo stesso presidente della Federazione Russa che nel 2019, in una storica intervista al Financial Times, definiva l’approccio liberale obsoleto. Alla vigilia del G20 di Osaka, in Giappone, Putin accusava i governi “liberali” di aver aperto le porte a un insensato multiculturalismo: «l’ideologia liberale non è più di moda perché la maggior parte delle persone si è rivoltata contro l’immigrazione, contro l’apertura dei confini e il multiculturalismo». Parole non lontane dal concetto di denazificazione ma distanti anni luce da quello di democrazia.

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