Ambiente

Ministro, quando diremo “sì” alle rinnovabili?

Quasi 50.000: sono le firme raccolte in una petizione dal gruppo “Cittadini per l’Italia rinnovabile”, per chiedere al ministro Dario Franceschini di sbloccare tutti i paletti dei Beni culturali all’installazione di nuove energie pulite
Il ministro della Cultura Dario Franceschini.
Il ministro della Cultura Dario Franceschini.
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22 aprile 2022 Aggiornato alle 16:00

Manca poco al traguardo delle 50.000 firme. Già oltre 44.000 cittadini hanno firmato la petizione che inizia così: “Franceschini, ora basta, sblocca le rinnovabili! Caro ministro, a che gioco giochiamo?”. Si tratta di un appello lanciato su Change.org da un gruppo di ambientalisti, cittadini, giornalisti, attivisti, chiamato “Cittadini per l’Italia rinnovabile” e che ha lo scopo di muovere realmente, e sbloccare dalla burocrazia, le acque torbide in cui sono ingolfati molti progetti relativi all’energie pulite.

Come sappiamo, sia per combattere la crisi climatica sia per non dover dipendere da altri Paesi come fonti energetiche (vedi Russia), la partita delle energie rinnovabili in questo momento storico è estremamente importante. Nonostante dall’offshore eolico ai parchi solari ci siano tantissimi potenziali progetti in divenire, molti impianti restano oggi bloccati da diversi “no” o rifiuti indicati a esempio dalle soprintendenze dei beni culturali, spesso perché queste opere rischiano di impattare, secondo altri cittadini che fanno ricorso, con il paesaggio e la cultura di determinati territori.

Una serie di “no” che, come aveva denunciato anche Legambiente in un suo report, tengono dunque “in scacco” le rinnovabili.

Per questo motivo i Cittadini per l’Italia rinnovabile hanno lanciato la petizione che veleggia verso l’obiettivo delle 50.000 firme, un appello consegnato oggi 22 aprile al ministro della Cultura Dario Franceschini a Roma, durante una manifestazione per le «energie della pace, del lavoro, della salute e per il clima», come sottolineano i promotori dell’iniziativa.

Un tentativo di mostrare al dicastero che, oltre a coloro che si oppongono a determinati impianti, come i tanti comitati “nimby” italiani (nimby sta per “not in my backyards”, non nel mio vicinato), ci sono anche residenti che quelle rinnovabili al contrario le auspicano.

«Il nostro Paese dovrebbe installare perlomeno 10 GW all’anno nei prossimi dieci anni per rispettare gli impegni internazionali sul clima. Impegni sempre più impellenti, a fronte degli allarmi ormai pressoché apocalittici condivisi da tutta la scienza mondiale, e delle conseguenze sempre più tangibili del cambiamento climatico: sull’agricoltura, sulle aree urbane, sulla salute pubblica, sul paesaggio stesso, che non verrà difeso, ma condannato, rallentando le energie pulite. Senza parlare dell’enorme tema dell’indipendenza e sicurezza energetica, in questi terribili tempi di guerra più che mai angosciante» si legge in un passaggio della petizione.

«E nonostante tutto questo siamo invece fermi, ormai dal 2013, a meno di 1 GW all’anno, meno di un decimo del necessario, senza segnali di miglioramento. Ministro Franceschini, non vorrà mica dirci che tutti i progetti che il Suo Ministero tiene fermi sono tutti progetti distruttivi, inaccettabili, quando i milioni di impianti rinnovabili di cui pullula il Pianeta, operativi e funzionanti da anni, non hanno rovinato proprio niente?»

«Solo qui in Italia sono destinati a essere un tale disastro, tanto da preferire il suicidio fossile, o il ritorno dell’energia nucleare? Nessuno crede che il responsabile di questa situazione sia soltanto Lei, ma è giunto il momento che tutti si assumano la propria parte di responsabilità, di fronte ad un cambiamento necessario e non rimandabile» scrivono i Cittadini. «La responsabilità di chi guida il Ministero dei Beni Culturali - chiosano - a nostro parere è chiudere per sempre questa guerra insensata, suicida, alla energie pulite, e inaugurare una nuova stagione di collaborazione in positivo, incentrata su come si cambia il paesaggio, anche in coerenza con le convenzioni europee in materia, per costruire il nuovo paesaggio della Transizione ecologica, armonioso e degno di un Paese come il nostro, ricco di una Bellezza che non vogliamo perdere, ma che deve trasformarsi, ospitare e integrare le energie che possono salvarci dal disastro».

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