Ambiente

Attenzione alle creme solari: proteggono noi ma non la natura

Un nuovo studio suggerisce i possibili impatti, tutt’altro che positivi, delle sostanze chimiche delle lozioni sulla fotosintesi delle piante acquatiche nel Mediterraneo
(Martin Parr)
(Martin Parr)
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16 aprile 2022 Aggiornato alle 20:00

Aspettando l’estate sapete già come proteggervi? Anche la scelta delle creme solari con cui ci ripariamo dai raggi UV per l’ambiente è più importante di quanto possiamo immaginare.

Diversi studi hanno infatti affrontato finora il problema di come le sostanze presenti nelle più comune lozioni possano avere un impatto sulla natura, tanto che dalle Hawaii a Palau passando per la Thailandia e altri stati specifiche creme protettive sono state esplicitamente vietate.

Ora una nuova ricerca, pubblicata su Marine Pollution Bulletin e condotta da alcuni ricercatori spagnoli, racconta che le nostre comuni creme solari possono avere un impatto non solo su pesci, cetacei, tartarughe e altri organismi marini, ma anche sulle grandi praterie del Mediterraneo, quelle composte da posidonia.

Questa pianta acquatica, come già ricordato a più riprese, è quella che garantisce il nostro respiro producendo ossigeno, che regola il clima, che fornisce riparo alle specie marine e che combatte l’erosione costiera.

Secondo gli esperti, però, le sostanze chimiche presenti in molte creme possono accumularsi anche nelle piante acquatiche del Mediterraneo e compromettere per esempio la fotosintesi.

La contaminazione può essere dovuta da più fattori, dall’uso di creme quando si fa il bagno a scarichi legati alle destinazioni turistiche, come a Maiorca dove sono stati condotti alcuni degli studi.

Nell’isola delle Baleari, dove sono presenti praterie di posidonia, si fa sentire infatti l’uso delle creme ma anche «l’influenza delle attività portuali, degli scarichi idrici e del turismo», ricorda la dottoressa Silvia Díaz Cruz, coautrice dello studio. «Dato che il Mar Mediterraneo è poco profondo, piccolo e molto chiuso, le concentrazioni di sostanze chimiche che assorbono i raggi UV qui possono raggiungere livelli elevati». Nei campioni di posidonia analizzati sono state scovate concentrazioni di diverse componenti delle protezioni solari, tra cui ossibenzone, benzilidene canfora, benzofenone-4 e metilparabeni.

L’impatto che queste sostanze potrebbero avere nel tempo sugli ecosistemi è ancora da comprendere, ma i ricercatori si dicono preoccupati.

«Se scopriamo che i filtri solari influenzano la fotosintesi e la produttività delle fanerogame marine avremo un problema poiché queste piante come la posidonia svolgono importanti ruoli ecologici nelle coste del Mediterraneo», aggiunge Nona Agawin, altra coautrice dello studio.

Fondamentale sarà ora capire esattamente quali componenti delle creme solari possono avere impatti dannosi, in modo da poter suggerire protezioni non inquinanti per i bagnanti (anche se oggi esistono già in commercio prodotti biologici a basso impatto).

Infine, dopo che è stato dimostrato come alcuni protettori solari possono influenzare le barriere coralline, e dopo i divieti decisi in alcune località turistiche del mondo, gli scienziati suggeriscono - nel caso di danni comprovati - legislazioni specifiche anche nel Mediterraneo per proteggere le praterie di posidonia e altri organismi dai possibili impatti delle lozioni.

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