Diritti

Il mondo vede solo le crisi umanitarie dei “bianchi”

È la denuncia del direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Che accende un faro su altre emergenze in corso, oltre a quella in Ucraina: il drammatico fabbisogno della popolazione del Tigray, in Etiopia
Una manifestazione ad Addis Abeba (Etiopia), in supporto del governo, contro i disordini nella regione del Tigray.
Una manifestazione ad Addis Abeba (Etiopia), in supporto del governo, contro i disordini nella regione del Tigray.
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
19 aprile 2022 Aggiornato alle 11:00

«Il mondo non tratta tutti gli esseri umani allo stesso modo. Alcuni sono più uguali di altri». Sono le parole del direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità Tedros Adhanom Ghebreyesus. Le crisi umanitarie non riceverebbero la stessa considerazione, «forse perché coloro che soffrono non sono bianchi»: secondo Tedros, originario di Asmara, capitale dell’Eritrea, nel Corno d’Africa, è la crisi in Etiopia, in particolare, a passare inosservata.

Il mese scorso, infatti, Tedros aveva già fatto riferimento alla crisi nel Tigray, la regione etiope più a nord, perché «non c’è nessun posto sulla Terra in cui la salute di milioni di persone sia più minacciata». Tre settimane fa era stata dichiarata una tregua nel Paese, durante la quale circa 2.000 camion avrebbero dovuto portare cibo, medicinali e altri beni essenziali per la popolazione locale, colpita dal conflitto. Ma ne erano arrivati solo 20, secondo Tedros, che questa settimana ha rincarato la dose in un briefing con i giornalisti: «Nonostante la tregua umanitaria dichiarata dal governo etiope, finora solo l’1 % del fabbisogno umanitario della popolazione del Tigrè (un altro modo per chiamare la regione, ndr) è stato soddisfatto».

Secondo il funzionario, che è stato Ministro degli affari esteri dell’Etiopia dal 2012 al 2016, «dopo uno degli assedi più lunghi e peggiori delle forze eritree ed etiopi della storia moderna, c’è bisogno di 100 camion al giorno contenenti rifornimenti salvavita. Per evitare la catastrofe umanitaria e la morte di centinaia di migliaia di persone, abbiamo bisogno di un accesso umanitario illimitato».

Dopo queste parole, che riecheggiano dall’inizio della tregua, la Banca Mondiale ha approvato lo stanziamento di circa 300 milioni di dollari da destinare alle comunità colpite dal conflitto nel nord dell’Etiopia. Un convoglio di 47 camion, poi, si è diretto verso Macallè, la capitale della regione: lo ha reso noto su Twitter il profilo del World Food Programme, parlando di un «viaggio senza intoppi, finora, con il supporto di tutte le autorità». Negli ultimi mesi le agenzie umanitarie hanno riscontrato forti difficoltà nel garantire la consegna di aiuti nel nord del Paese a causa di vari blocchi di cui il governo ritiene responsabili i miliziani del Fronte di liberazione popolare del Tigrè.

Nell’ultimo report pubblicato dall’Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare nel mondo, il conflitto in corso in Etiopia si era diffuso in tutta la regione settentrionale nel 2021, in particolare nelle regioni di Afar e Amhara, invertendo i progressi compiuti in molte parti del Paese e provocando una crisi umanitaria. Secondo i dati raccolti, la popolazione in condizioni di insicurezza alimentare in Etiopia è aumentata da 10,9 milioni nell’aprile 2021 a oltre 18 milioni alla fine dell’anno. Il conflitto che dura da 17 mesi ha allontanato più di 2 milioni di persone dalle loro case, secondo le Nazioni Unite, e ha lasciato più di 9 milioni di persone bisognose di aiuti alimentari.

Le critiche di Tedros si sono concentrate anche sui media, che non avrebbero preso sul serio le atrocità in corso in Etiopia, dove «le persone sono state bruciate vive». È successo a marzo, insieme ad altre «uccisioni extragiudiziali perpetrate dalle forze etiopi e da altri gruppi armati», cosa confermata dalla Commissione per i diritti umani dell’Etiopia, l’Ehrc. Nel secondo Paese più popoloso dell’Africa, le forze del primo ministro Abiy Ahmed – composte dall’esercito etiope, dalle milizie etniche e dalle truppe eritree - stanno combattendo per estromettere il Fronte di liberazione popolare del Tigray dalla sua roccaforte nella regione settentrionale del Tigray.

In un rapporto diffuso di recente dalle ong per la difesa dei diritti umani Amnesty International e Human Rights Watch, le organizzazioni hanno intervistato centinaia di persone e documentato la guerra civile in corso: «Questi diffusi e sistematici attacchi (sia dalle milizie guidate da Ahmed, sia dal fronte popolare Tplf, ndr) contro la popolazione del Tigrè equivalgono a crimini contro l’umanità e a crimini di guerra», hanno dichiarato. Ma, come ha sottolineato Tedros, è necessario che il mondo torni in sé e tratti «allo stesso modo tutta la vita umana».

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