Ambiente

Ci sono 19 aziende italiane tra i 100 “climate leader” europei

La classifica Europe’s Climate Leaders 2022 premia le società che hanno fatto registrare il più importante taglio alle emissioni climalteranti in rapporto al loro ricavato. Tra i nomi: Cap, Esprinet, Fastweb, Italgas
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
13 aprile 2022 Aggiornato alle 09:00

Quattrocento aziende sono entrate a far parte della classifica Europe’s Climate Leaders 2022.

Si tratta di un elenco delle aziende del Vecchio Continente che stanno riducendo con maggior successo le loro emissioni di gas a effetto serra in relazione ai ricavi nel periodo 2015-2020.

Per far parte di questa classifica, stilata sulla base dei dati raccolti dalla Business Data Platform Statista e delle informazioni fornite dalle aziende su base volontaria, come risposta a una call for entries a ottobre 2021, su oltre 4000 aziende sul reporting finanziario e non finanziario, le imprese devono avere sede in uno dei 33 Paesi europei, presentare un fatturato minimo di 40 milioni di euro o 36 milioni di sterline nel 2020 e aver ottenuto un’importate riduzione dell’intensità di emissioni climalteranti, dove per intensità delle emissioni s’intende la quantità di emissioni di CO2- equivalenti per 1 milione di euro di ricavi.

“Sebbene siano state condotte ricerche approfondite – si legge sul Financial Times – l’elenco non pretende di essere completo, poiché alcune società non hanno pubblicato i propri dati o non hanno partecipato”.

Arrivato alla sua seconda edizione, l’elenco dei leader climatici europei del Financial Times-Statista viene pubblicato in un momento in cui le aziende sono spinte a incrementare i loro impegni per la lotta alla crisi climatica. Un impegno che è stato protagonista della COP 26, tenutasi a Glasgow lo scorso autunno.

Le 400 società elencate, di cui 19 italiane, sono quelle che hanno ottenuto la maggiore riduzione dell’intensità delle emissioni di gas serra (GHG) di Scope 1 e 2 in un periodo di cinque anni, 2015-20.

Queste due tipi di emissioni sono quelli che provengono rispettivamente dalle attività dirette delle aziende e dalla generazione dell’energia utilizzata.

Le aziende impegnate nel settore finanziario rappresentano la quota maggiore della lista (sono 43), seguite a ruota dal settore energetico e dalla vendita al dettaglio. La maggiore riduzione dell’intensità delle emissioni è stata ottenuta nel settore tecnologico dalla svizzera Logitech.

Il Regno Unito conferma il primato in quanto ospita il maggior numero di società della lista: 120. Segue la Germania (52) e la Francia (44).

Tra le aziende italiane nella classifica (9 in più rispetto a quelle nella classifica 2021), rientra uno dei più importanti produttori siderurgici europei, il Gruppo Feralpi. Così come Fastweb: «Un traguardo raggiunto grazie al percorso che l’azienda ha intrapreso già dal 2015 con la decisione di acquistare il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili. Dall’anno scorso, oltre alla riduzione programmata e validata da Science Based Targets initiative, compensiamo già tutte le nostre emissioni dirette e quelle relative all’erogazione dei servizi ai nostri clienti», ha spiegato l’amministratore delegato Alberto Calcagno.

Sempre nel settore Technology e TIc, anche le società Esprinet e Prysmian.

Guardando alle aziende italiane entrate in classifica, quella che occupa il posto più alto è il gruppo dell’energia Cap (seconda posizione assoluta), grazie a una riduzione delle emissioni del 45,2% delle emissioni in cinque anni. Segue Esprinet, al 15esimo posto, con una riduzione delle emissioni del 32,2%. Poi Fastweb, al 21esimo posto (30,6%) e al 60mo posto Italgas.

Oltre la 100esima posizione troviamo, in ordine di graduatoria, Enel, A2A, Banco Bpm, Webuild, Gruppo Unipol, Feralpi Holding, Sol group, MM, Gruppo Prysmian, Sogin, Prada, Piaggio, Mondadori, IGD SiiQ e infine Acea Energia.

Come specificato sul Financial Times, la metodologia presenta anche dei limiti, in quanto non contempla le emissioni di Scope 3, che si verificano lungo gli ampi tratti della catena del valore e in genere rappresentano la maggior parte delle emissioni di un’azienda, perché non vengono sempre divulgate dalle aziende e, anche quando lo sono, “le metriche variano con il risultato che non possono essere presi in considerazione in modo coerente in un calcolo dell’intensità”.

“Poiché il nostro calcolo dell’intensità si basa sulle emissioni rispetto ai ricavi - si legge sul FT - alcune società in rapida crescita nell’elenco hanno effettivamente aumentato le loro emissioni assolute nel periodo di cinque anni. E questo serve a ricordare che la contabilità del carbonio è una cosa, ma la scienza del clima un’altra: più emissioni significano semplicemente più riscaldamento globale. Le società nella nostra lista dei leader climatici in Europa potrebbero muoversi nella giusta direzione, ma c’è ancora molto terreno da percorrere”.

Il prossimo 5 maggio verrà pubblicato un rapporto cartaceo e online sui leader climatici in Europa, corredato di articoli che analizzano le questioni sollevate dalla ricerca.

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