Diritti

Il lato oscuro dell’accoglienza

Sono soprattutto donne le vittime di quella che inizialmente sembra essere una forma di aiuto e supporto per i rifugiati. E invece si rivela l’ennesima forma di violenza e sfruttamento economico
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9 aprile 2022 Aggiornato alle 08:00

“Viviamo un’epoca in cui la relativa sicurezza che un certo dominio tecnico sulla natura dà agli uomini è ampiamente controbilanciata dai pericoli di rovine e massacri che i conflitti tra gruppi umani provocano. Se il pericolo è così grave è certo in parte dovuto alla potenza degli strumenti di distruzione che la tecnica ha messo nelle nostre mani, ma questi strumenti non si azionano da soli e non è onesto voler far ricadere sulla materia inerte una situazione di cui portiamo piena responsabilità”. Così scriveva nel 1937 Simone Weil in “Non ricominciamo la guerra di Troia” in Scritti sulla guerra.

Si era a cavallo tra la fine del primo conflitto mondiale e l’inizio del secondo e l’Europa superstite contava i morti sul fronte, era luogo di rovine e macerie che la forza distruttiva di quel conflitto bellico aveva lasciato e preparava il campo a un secondo conflitto mondiale.

Il senso delle parole si riattualizza in questi tragici giorni di corpi carbonizzati, di fosse comuni, di uccisioni senza scrupoli di donne e bambini, di torture sui civili in una guerra, si spera mai mondiale, la cui eco assordante di sofferenza arriva forte nelle nostre case e nei nostri cuori.

La guerra è la manifestazione violenta e feroce dell’incapacità di alcuni uomini potenti, uomini appunto, di riconoscere e di rispettare una visione diversa dalla propria e che, pertanto, deve essere dominante sulle altre attraverso la forza e la prepotenza, come scriveva la Weil.

Ci sono, tuttavia, degli effetti secondari che la guerra, che tutte le guerre, determinano sulle donne e sui bambini che si sviluppano in maniera perversa anche nei Paesi in cui dovrebbero trovare riparo, cura, attenzione e accoglienza.

Certo non si sarebbe onesti se non si valutassero con la dovuta attenzione tutti gli sforzi di accoglienza che le cittadine e i cittadini europei stanno mettendo in atto.

Si iniziano a sentire, piuttosto sottovoce, le denunce di donne che arrivano in Europa e che subiscono stupri e violenze da parte di uomini che inizialmente offrono loro accoglienza, ma che poi rivelano le loro reali intenzioni.

Spesso queste donne sono accompagnate dai loro bambini e arrivano in condizioni disperate di fame e di spossatezza e sperano di fuggire dalle mostruosità della guerra e si trovano dentro altre atrocità inaccettabili.

Ad altre donne, invece, vengono richiesti servizi sessuali in cambio dell’ospitalità nelle case, o altre ancora vengono costrette a svolgere attività lavorativa senza remunerazione che le stesse accettano pur di avere un tetto sopra la propria testa per sé e per i propri figli.

Sono stati anche accertati dei casi di sfruttamento nei posti di lavoro da parte di titolari di attività imprenditoriali, ad Anversa e in Belgio alcune donne sono state trovate dentro una soffitta di un edificio nel quale c’era una macelleria, e hanno detto di lavorare al di sotto del salario minimo.

Altre invece arrivano già attraverso un sistema illegale di traffico di esseri che smettono di appartenere alla specie umana per quei delinquenti e diventano merce, oggetti da vendere al mercato della prostituzione, al mercato degli organi e a qualunque disgraziata bancarella del mercato illegale.

Approfittare dello stato di fragilità di chi scappa dalla guerra.

La Weil diceva che non dobbiamo temere gli ordigni prodotti dalla tecnologia, ma dobbiamo temere gli uomini che usano quelli ordigni contro altri esseri umani ed è quel che accade sempre nei confronti delle donne nel corso di una guerra.

È la disumanità che emerge in chi approfitta dello stato di necessità e di fragilità di un altro essere umano per sfruttarlo, per usarlo, per consumarlo, il lato più pericoloso che gli uomini possano mostrare e che spaventa più di un ordigno pericolosissimo, ma mai utilizzato.

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