Città

Pianificare meglio le città potrebbe fermare l’obesità

I ricercatori della neozelandese University of Canterbury stanno sviluppando un indice che suggerisce come riequilibrare i luoghi in cui viviamo. Se usato dai politici, si eviterebbero quartieri saturi di fast food e privi di impianti sportivi
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6 aprile 2022 Aggiornato alle 21:00

Possono una città o luogo in cui si vive influenzare il peso di una persona? Secondo recenti ricerche universitarie sì, c’è una connessione chiara fra tasso di obesità e servizi offerti dalle città: questo dovrebbe dunque portare a una pianificazione diversa delle metropoli per garantire stili di vita migliori.

In un momento in cui a causa della mancanza di risorse, da quelle energetiche sino all’acqua, si pianificano le città del futuro in modo che siano più verdi e in grado di creare meno emissioni, secondo una serie di studi neozelandesi sarebbe necessario anche programmare le città in base a un indice di salute particolare, l’Healthy Location Index (HLI). Questo è infatti uno strumento che può aiutare a mappare le varie caratteristiche di un luogo per capire come impattano e influenzano la salute pubblica.

Come raccontato in un articolo apparso su The Conversation alcuni ricercatori della University of Canterbury si sono concentrati sullo sviluppo dell’HLI, sistema che scompone di fatto gli elementi sani e malsani delle città della Nuova Zelanda e che potrebbe essere utile per modificare i luoghi in modo da offrire più chance per migliori livelli di attività fisica, per esempio.

Proprio la Nuova Zelanda è uno dei Paesi con i più alti numeri di adulti con problemi di obesità e dati del 2021 mostrano un aumento sostanziale dell’obesità anche infantile rispetto al passato. Sempre l’obesità, al mondo, è responsabile ogni anno di circa il 5% di tutti i decessi.

Spesso si tende a pensare che i problemi di sovrappeso siano frutto di responsabilità soprattutto personali ma secondo gli esperti questo distoglie l’attenzione dagli ambienti in cui si vive, come città dove c’è un costante e facile accesso a cibi grassi e malsani, oppure poveri di reali nutrienti. Luoghi privi a esempio di un facile accesso ad alternative ai fast-food, come negozi in cui viene fornita frutta fresca e verdura, oppure altri dove mancano strutture e piste ciclabili per favorire pedoni e ciclisti, possono impattare sulla salute delle persone.

In questo contesto gli esperti hanno sviluppato una serie di dati nell’indice HLI tenendo conto di aspetti negativi, come l’accesso a fast food, punti vendita di asporto oppure di vendita di alcolici o mancanza di infrastrutture per lo sport, e di quelli al contrario positivi, come spazi verdi e blu, campi sportivi, punti vendita di frutta e verdura e non solo. Osservando la quantità di queste caratteristiche nelle città neozelandesi è emersa una serie di differenze tra le aree di Wellington, Auckland o Christchurch e, conoscendo limiti o offerte, secondo i ricercatori sarà possibile riequilibrare queste città attraverso la pianificazione degli ambienti necessari a promuovere e influenzare stili di vita migliori.

È un sistema applicabile anche quartiere per quartiere. Per esempio, in singole aree più disagiate è stato osservato come la presenza di una offerta persistente di fast food o negozi di liquore e la contemporanea assenza di altri servizi più “salutari”, possa avere influenzato il tasso di obesità.

Come chiosano Matthew Hobbs , docente e co-direttore del GeoHealth Laboratory e Lukas Marek dell’ University of Canterbury, l’indice HLI potrebbe dunque essere un importante strumento per disegnare città migliori per la nostra salute: «Ci auguriamo che l’indice possa aiutare i responsabili a considerare come modellare città più rispettose della salute regolando o aggiungendo le caratteristiche giuste. Dopotutto, la protezione e la promozione della salute pubblica è una responsabilità fondamentale dei politici e non dovrebbe essere lasciata solo agli individui, alle famiglie o alle comunità».