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Anche la moda deve essere circolare?

Arriva Cobat il nuovo consorzio italiano per la raccolta e il recupero dei vestiti non più utilizzabili. In coincidenza con la nuova Strategia europea per il riuso, la riparazione e il riciclo di questi prodotti
Valeria Pantani
Valeria Pantani giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
4 aprile 2022 Aggiornato alle 19:00

L’industria della moda è un settore dinamico, globale e in crescita, complice la inarrestabile diffusione del fast fashion. Ma tutti questi prodotti, una volta gettati via perché non più utilizzati, impattano sull’ambiente: meno dell’1% del materiale tessile viene riciclato. Servono quindi nuovi modelli di business per una moda circolare (come il second hand o il noleggio di abiti) ma, più di tutto, serve un cambiamento radicale nel sistema di riciclo.

Cobat, la più grande piattaforma di servizi per l’economia circolare in Italia, controllata dal gruppo Innovatec, leader italiano nel settore della Clean Technology, ha deciso di dare il suo contributo. Grazie al suo impegno quotidiano, Cobat garantisce sia un servizio di gestione dei prodotti al fine vita che la consulenza e la formazione per le imprese che vogliono puntare sullo sviluppo sostenibile.

Tenendo a mente questi principi, è nato Cobat Tessile, il nuovo consorzio italiano per la raccolta, il trattamento e l’avvio al riciclo dei prodotti tessili non più utilizzabili. L’obiettivo è aiutare le aziende aderenti a praticare un’attività di sviluppo sostenibile con benefici per l’ambiente e per il sistema economico nazionale, riducendo gli sprechi e producendo nuove materie prime. Tutto seguendo i valori di sostenibilità, trasparenza e efficienza.

Tra le proposte messe in campo, il consorzio offre servizi integrati e personalizzati riguardo la gestione ambientale, con particolare attenzione al controllo del fine vita dei prodotti tessili e al loro riuso. Inoltre, punta alla ricerca e allo sviluppo di nuove tecnologie per il corretto recupero delle materie prime da immettere nel mercato, al fine di ridurre i consumi idrici ed energetici. Un punto importantissimo se consideriamo che nel 2015 l’industria tessile europea ha utilizzato 79 miliardi di metri cubi di acqua: si stima che per fabbricare una sola maglia di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce (un volume pari a quanto una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo).

«La costituzione di Cobat Tessile risponde alle nuove sfide che la società si pone - ha spiegato il presidente Maurizio Sarti - L’obiettivo è diffondere l’importanza della condivisione della conoscenza a tutti gli attori della filiera, per offrire a tutte le imprese italiane, interessate al fine vita dei prodotti tessili, servizi integrati sempre più competitivi e sostenibili a livello ambientale, economico e sociale».

Il futuro della moda deve essere green, e lo sarà anche grazie all’approvazione da parte della Commissione Europea della Strategia per il Tessile Sostenibile e Circolare. Un documento necessario se consideriamo che la produzione tessile globale è quasi raddoppiata tra il 2000 e il 2015, mentre si ipotizza che il consumo di abbigliamento e calzature aumenterà del 63% entro il 2030.

«Nell’Ue il consumo dei prodotti tessili, la maggior parte dei quali importati, rappresenta oggi in media il quarto maggiore elemento negativo che impatta sull’ambiente e sui cambiamenti climatici», riporta il documento. Per avere qualche dato alla mano, si stima che ogni anno in Europa vengano scartate circa 5,8 milioni di tonnellate di tessuti (più o meno 11 kg per persona).

Il problema è che molto spesso nella produzione tessile non ci si focalizza sul riuso, sulla riparazione e sul riciclo dei prodotti, incrementando così il commercio del fast fashion: perché, se i vestiti devono durare poco, che almeno abbiano costi bassi.

Con questa nuova Strategia si ambisce a realizzare entro il 2030 prodotti tessili per il mercato europeo utilizzando prevalentemente fibre riciclate, privi di sostanze pericolose e realizzati nel rispetto dei diritti sociali e dell’ambiente. Ma come?

Innanzitutto con l’introduzione di requisiti obbligatori per una progettazione ecocompatibile, con un focus sulla durabilità, riutilizzabilità, riparabilità, riciclabilità. Inoltre, attivandosi per fermare la distruzione dei capi invenduti o restituiti: la Commissione vuole infatti imporre alle aziende un obbligo di trasparenza relativamente al numero di prodotti scartati e distrutti, e alla loro preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o l’incenerimento.

Ma, più di tutto, serve creare un sistema per la raccolta e il riciclo dei prodotti tessili, così da rendere i produttori responsabili per i rifiuti che producono. A tal proposito in Italia è stato istituito l’obbligo della raccolta differenziata dei rifiuti tessili dal primo gennaio 2022 (in generale, per gli Stati Membri europei l’obbligo è da imporre entro il 2025). Ma il nostro Paese sembra non essere ancora pronto: mancano infatti direttive e linee guida precise da parte del Ministero della Transizione Ecologica.

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