Ambiente

Durata e riparazione: l’Ue vuole regole chiare sui prodotti

Per centrare gli obiettivi del Green Deal, la Commissione sta lavorando a una serie di proposte per favorire i consumatori e obbligare le aziende a dare informazioni più trasparenti sui ricambi, aggiornamenti software, vita media della merce. Oltre a vietare le finte diciture “amico dell’ambiente”
Attivisti del "Koala Kollektiv" manifestano contro il greenwashing davanti alla statua dell'euro a Francoforte, in Germania (Arne Dedert/dpa).
Attivisti del "Koala Kollektiv" manifestano contro il greenwashing davanti alla statua dell'euro a Francoforte, in Germania (Arne Dedert/dpa).
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1 aprile 2022 Aggiornato alle 07:00

Se siete stufi che ogni prodotto acquistato vi venga venduto come assolutamente “sostenibile”, “amico dell’ambiente” o totalmente “green”, oppure con un senso di durabilità infinita (senza però avere alcuna informazione a riguardo), presto una proposta della Ue potrebbe aiutarvi.

La Commissione sta lavorando per aggiornare le normative europee a tutela dei consumatori proponendo nuovi diritti - come quello di obbligo di indicare durabilità e riparabilità dei prodotti - con sistemi che vanno in direzione di maggiori informazioni per i clienti e lotta al greenwashing. “Grazie alle norme aggiornate i consumatori potranno compiere scelte d’acquisto consapevoli e rispettose dell’ambiente e avranno il diritto di conoscere la durata prevista di un prodotto e come questo può essere riparato, laddove possibile. Inoltre le norme rafforzeranno la tutela dei consumatori da dichiarazioni ambientali inattendibili o false giacché vietano il “greenwashing” e le pratiche ingannevoli sulla durabilità di un prodotto” si legge in una nota che descrive l’iniziativa.

Come spiega Věra Jourová, vicepresidente per i Valori e la trasparenza «sosteniamo i consumatori che desiderano sempre più scegliere prodotti che durano più a lungo e che possono essere riparati, e dobbiamo garantire che il loro impegno in questo senso non sia ostacolato da informazioni ingannevoli. Con la presente proposta forniamo loro nuovi ed efficaci strumenti perché compiano scelte consapevoli aumentando la sostenibilità dei prodotti e della nostra economia».

Consumare in maniera “più sostenibile”, spiega l’Ue, è necessario per centrare gli obiettivi del Green Deal: solo diventando attori della transizione verde i consumatori possono contribuire nella corretta direzione. Sui punti in cui sono previste modifiche, per la durata e le riparazioni, l’Ue fissa dei possibili paletti.

Nel primo caso “i consumatori devono essere informati della durabilità garantita dei prodotti. Se il produttore di un bene di consumo offre una garanzia commerciale di durabilità superiore a 2 anni, il venditore deve informarne il consumatore. Per i beni che consumano energia il venditore deve informare i consumatori anche quando il produttore non fornisce informazioni sull’esistenza di una garanzia commerciale di durabilità” si legge nel testo.

Per le riparazioni invece, “il venditore deve fornire informazioni come l’indice di riparabilità (se applicabile), o la disponibilità di pezzi di ricambio o un manuale di riparazione. Per i dispositivi intelligenti e i contenuti e servizi digitali il consumatore deve essere informato anche in merito agli aggiornamenti del software forniti dal produttore” precisa la Commissione, ricordando che produttori e commercianti potranno fornire le informazioni sull’imballaggio, le confezioni o su siti web. L’importante è che siano fornite in maniera chiara e comprensibile.

L’altra spinta che intende dare l’Europa è quella contro le pratiche commerciali sleali, il greenwashing. Per esempio non si potrà più usare “la formulazione di una dichiarazione ambientale relativa alle prestazioni ambientali future senza includere impegni e obiettivi chiari, oggettivi e verificabili e senza un sistema di monitoraggio indipendente”. In sostanza non puoi dire che il tuo prodotto è amico dell’ambiente se non lo dimostri.

Infine, saranno aggiunte una serie di indicazioni su pratiche commerciali che potrebbero essere considerate sleali. Fra queste per esempio non informare i consumatori dell’esistenza di una caratteristica introdotta nel prodotto per limitarne la durabilità (tipo un software che nel tempo si interrompe); oppure formulare dichiarazioni ambientali generiche o vaghe, non dimostrabili, come “eco” “verde” “rispettoso della natura”, scritte senza che siano attendibili. Così come non si potrà usare un marchio di sostenibilità se non è basato su un sistema comprovato e verificabile, oppure stabilito da autorità pubbliche. Allo stesso tempo non si potrà nemmeno “omettere di informare che il bene dispone di una funzionalità limitata quando si utilizzano materiali di consumo, pezzi di ricambio o accessori non forniti dal produttore originale”.

Tutti questi passaggi dovranno rispettare ora un iter ben preciso: le proposte saranno prima discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo e poi, una volta adottate e recepite nella legislazione nazionale degli Stati membri quando approvate, “garantiranno ai consumatori il diritto a rimedi in caso di violazioni, anche attraverso la procedura di ricorso collettivo di cui alla direttiva relativa alle azioni rappresentative”.

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