Città

Shanghai è divisa in due per bloccare la pandemia

Fino al 5 aprile la metropoli sarà sospesa a falsi alterne, per contenere la diffusione del virus e testare tutti i suoi 25 milioni di abitanti: è parte della strategia “zero-Covid” della Cina, la misura più stringente mai adottata. Intanto, l’Italia si avvicina invece al “liberi tutti”
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 5 min lettura
28 marzo 2022 Aggiornato alle 17:00

Dopo due anni di pandemia, la Cina adotta da oggi le misure più stringenti mai applicate. Nel 2019 gli 11 milioni di cittadini di Wuhan, dove venne rilevato per la prima volta il virus, vennero confinati nelle loro case per 76 giorni a partire dall’inizio del 2020.

Ora che Shanghai, situata sulla costa orientale della Cina, sul delta del fiume Azzurro che si tuffa nel mar Cinese Orientale, ha registrato nuovi focolai di Covid-19, il governo ha deciso di agire ancora. La differenza con i precedenti blocchi è che la fine delle restrizioni è già stata resa nota, mentre prima si trattava di chiusure a tempo indeterminato. Con 3.500 casi di infezione rilevati domenica, di cui solo 50 sintomatici, Shanghai si inserisce in un contesto nazionale che conta più di 56.000 casi questo mese.

La capitale finanziaria del Paese, tra le città più popolose della Cina con ben 25 milioni di abitanti, subirà numerose chiusure che verranno condotte in due fasi: la parte finanziaria, il distretto di Pudong, nella zona nord est di Shanghai, sarà chiusa da lunedì 28 marzo a venerdì 1° aprile, per effettuare test di massa alla popolazione. Nella seconda fase di questo lockdown cinese, da venerdì in avanti, sarà l’area centrale a essere confinata per cinque giorni, quella a ovest del corso d’acqua che divide in due parti la città, il fiume Huangpu. Per un totale di nove giorni.

Che cosa accadrà nella vita di tutti i giorni dei cittadini Shanghaiesi? Saranno tenuti a rimanere a casa, e i pacchi e la posta a loro destinati verranno intercettati e bloccati in specifici checkpoint che garantiscano zero contatti con il mondo esterno, né dall’interno, né verso l’interno. Uffici e attività ritenute non essenziali saranno chiuse, i trasporti pubblici sospesi.

Come riporta l’agenzia statunitense Associated Press, queste chiusure erano già state anticipate, la scorsa settimana, da un blocco che aveva coinvolto numerose comunità all’interno della città, separate dal resto da barriere di plastica blu e gialle, ulteriormente rafforzate lunedì. I residenti erano stati sottoposti a test Covid-19, e alcune attrazioni come il parco di Disneyland erano state temporaneamente cessate.

Nella giornata di domenica i cittadini, allertati per l’imminente chiusura, avevano assaltato i supermercati, facendo scorta di cibo, bevande e articoli per la casa, lasciando deserti gli scaffali come nei peggiori disaster movie.

Il 5 aprile avrebbe dovuto tenersi la famosa cerimonia dedicata ai defunti, il Festival di Qingming, in cui i cinesi si riuniscono intorno alle tombe di antenati e conoscenti, le pitturano, portano con sé cibo, tè, vino, bacchette e rami di salice, che secondo la tradizione aiutano a scacciare gli spiriti maligni che si aggirano durante il Giorno dei Morti. La festività è stata annullata, ma alcuni cimiteri hanno trovato il modo di celebrarla comunque: quello di Fushouyuan, per esempio, nel distretto di Qingpu, ha messo a disposizione un servizio online per esprimere il proprio dolore creando loghi commemorativi, permettendo di caricare foto, accendere candele e dedicare delle memorie ai propri cari.

La strategia cinese “zero-Covid”, da tre mesi a questa parte, applica restrizioni rapide e aggressive per contenere qualsiasi focolaio sul nascere, anche quelli da poche decine di persone, in un Paese in cui l’87% della popolazione è vaccinata. La maggiore trasmissibilità e la natura più mite della variante Omicron hanno portato a dubitare di questa tattica, che molti ritengono insostenibile a lungo termine: il prezzo richiesto – chiusure troppo invasive e limitanti - è diventato troppo alto.

In Italia qual è la situazione? Tra pochi giorni, da giovedì 31 marzo, scatterà la fine dello stato di emergenza e da quel momento verranno gradualmente eliminate le restrizioni vigenti. Questo nonostante gli oltre 59.000 casi e gli 82 morti registrati il 27 marzo. Con un aumento dei ricoverati, sia ospedalizzati che in terapia intensiva, ci si chiede se la zona bianca nazionale non sia un miraggio. Le Regioni non avranno più colore ed è prevista una rimodulazione del green pass: non sarà più richiesta la certificazione verde rafforzata nei luoghi di lavoro, sui mezzi pubblici, nei bar, nei ristoranti, né nelle attività all’aperto. Basterà quella base, che si può ottenere anche con un tampone negativo. E non servirà più neanche questa, più blanda, in banche, negozi e uffici pubblici. La quarantena sarà obbligatoria solo se positivi.

Ora che i contagi stanno risalendo, dunque, e distanti dalla strategia cinese, in Italia ci avviciniamo al “liberi tutti” del 1° maggio, quando green pass e mascherine verranno abbandonate. Ma non è detto che il governo non cambi idea, ispirato, magari, dalle tattiche orientali.

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