Laurearsi in carcere sarà più facile

Nelle carceri l’istruzione può impattare molto sulla vita deə detenutə, rappresentando per loro un’occasione di crescita, riflessione e riscatto: questa, infatti, è fondamentale per il loro re-inserimento nella società una volta terminato il periodo di detenzione. Anche nella Costituzione italiana se ne fa riferimento: «Le pene […] devono tendere alla rieducazione del condannato», recita l’articolo 27.
Gli ultimi dati del Ministero della Giustizia contano 1.246 detenutə iscrittə a corsi di studi universitari per l’anno accademico 2021-2022, di cui 1.201 uomini e solo 45 donne. In Italia esistono già accordi per fornire un’istruzione universitaria nelle carceri, ma nessuna normativa è mai stata vincolante.
Nonostante ciò, in questi anni un numero crescente di atenei si è impegnato a garantire il diritto allo studio: sono 28 le università italiane che dal 2018 hanno aderito alla Conferenza Nazionale dei Delegati dei Rettori per i Poli Universitari Penitenziari (CNUPP), che rappresenta la formalizzazione del Coordinamento dei responsabili di attività di formazione universitaria in carcere.
Ma l’impegno delle singole università nell’istruzione penitenziaria dipende da diversi fattori, quali la disponibilità delle strutture didattiche, deə docentə e delle carceri stesse. Altro fattore, non meno importante, è che non sempre ə detenutə sono già in possesso del diploma.
Tra le agevolazioni che solitamente vengono garantite (tramite accordi tra le autorità penitenziarie e gli atenei), c’è la possibilità di conseguire la laurea studiando in spazi comuni con altrə detenutə e di tenere con sé materiale didattico.
Una speranza in più è arrivata questa settimana, con la firma di un protocollo tra il Ministero della Giustizia e la CNUPP. Organizzare giornate di orientamento, affiancare ə detenutə nello studio e permettere loro di accedere ai corsi di laurea senza dover pagare le tasse: sono tutti provvedimenti già esistenti ma che, con questo nuovo accordo, si spera di incrementare.
«Con la firma di questo protocollo doniamo un’occasione per immaginare una nuova vita fuori. E questo grazie allo studio universitario - ha commentato la ministra della Giustizia, Marta Cartabia - [Si vuole] infondere fiducia e svegliare la loro forza di volontà, primo fondamentale motore di ogni cambiamento». Nella speranza che questo accordo possa garantire un futuro migliore per tuttə ə detenutə.