Ambiente

Ci sono crateri e colline nel fondo dell’Artico

Uno studio pubblicato sulla rivista dell’Accademia delle scienze degli Stati Uniti rivela che nelle profondità dell’oceano sono state individuate enormi voragini. Laggiù il permafrost si sta sciogliendo, con conseguenze ancora poco chiare
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19 marzo 2022 Aggiornato alle 20:30

C’è un altro mondo nelle profondità del mare Artico. Cavità grandi come edifici di sei piani, oppure giganti colline di ghiaccio, si sono formate in maniera “straordinariamente rapida” in alcune parti remote del fondale a causa dello scioglimento del permafrost.

Un team internazionale di scienziati ha studiato quanto avvenuto a oltre 100 metri di profondità in un’area di circa 25 chilometri quadrati nel mare candese di Beafuort.

Qui, per quasi 10 anni, dal 2010 al 2019, i ricercatori hanno condotto studi per mappare i fondali grazie a un veicolo sottomarino comandato a distanza. Secondo gli esperti, tra i 120 e i 150 metri il disgelo del permafrost ha causato la creazione di gigantesche doline (enormi cavità) così come di colline rialzate.

È la prima volta che si osservano questi effetti del cambiamento del permafrost sommerso, lo strato ghiacciato, e non è chiaro quanto questi possano essere diffusi in altre zone dell’Artico o collegati alla crisi climatica.

Sappiamo che sulla terraferma lo scongelamento del permafrost, come in Siberia, può incidere profondamente: per esempio è legato a crolli, a formazioni o scomparsa di laghi, all’emergere di crateri e soprattutto al rilascio di enormi quantità di metano, gas serra più impattante della CO2.

Non è chiaro, però, come quel mondo sommerso individuato dagli scienziati dell’Istituto australiano del Monterey Bay Aquarium (Mbari) e dal Geological Survey of Canada (Gsc) e descritto in una pubblicazione sulla rivista dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti (Pnas), possa incidere sugli equilibri dell’Artico e del Pianeta.

«Sappiamo che stanno avvenendo grandi cambiamenti nel paesaggio artico, ma questa è la prima volta che siamo stati in grado di implementare la tecnologia per vedere che i cambiamenti stanno avvenendo anche in tali profondità» ha spiegato il geologo marino Charlie Paull del Monterey Bay Aquarium Research Institute. «Chiaramente, cambiamenti così grandi avrebbero implicazioni significative per qualsiasi infrastruttura che potrebbe essere collocata sul fondo del mare. Attualmente, ce ne sono poche in questa remota regione dell’Artico. Tuttavia, questo potrebbe cambiare poiché il riscaldamento continuo rende la regione più accessibile» precisa.

Fra le tante condizioni inaspettate che i ricercatori hanno trovato laggiù ci sono 41 “buchi” che prima non c’erano, di forma circolare e ovale e di quasi 7 metri di profondità. Ma anche depressioni profonde 30 metri, oppure numerose colline di 50 metri di diametro e 10 di altezza formate da ghiaccio e simili ai “pingos”, tumuli di ghiaccio sulla terraferma.

A sorprendere gli scienziati è soprattutto come questi cambiamenti possano verificarsi in poco tempo. «Il degrado del permafrost è un processo lento. Di solito parliamo di centimetri all’anno. Questo è più del semplice degrado, è anche un cambiamento qualitativo. È inaspettato» sostengono i ricercatori. Le depressioni individuate potrebbero essere legate alla risalita delle acque sotterranee dopo lo scioglimento del permafrost, mentre per le colline è probabile che l’acqua fredda del fondale oceanico abbia congelato sedimenti espandendoli nel tempo.

Per capire quanto queste scoperte siano connesse con la crisi climatica, gli scienziati sostengono che saranno necessari altri studi per poter comprendere come stanno cambiando i fondali artici e le possibili conseguenze per il Pianeta.

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