Diritti

Nella mente di un dissidente

Dalla Russia all’Iran e alla Cina, ripercorriamo grazie a un saggio appena uscito in libreria le ultime dittature del mondo. Attraverso incontri e storie di donne e uomini che sfidano ancora oggi i regimi
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18 marzo 2022 Aggiornato alle 19:30

Cosa hanno in comune Svjatlana Tsikhanouskaja, Aleksei Navalny, Leonid Volkov, Garry Kasparov, Mihail Khodorkovsky, Masih Alinejad, il Dalai Lama, Dolkun Isa, Denis Mukwege e Marina Ovsyannikova? Essere dissidenti, lottare contro il potere assoluto di uomini al comando, e opporsi. Ripercorrere le loro storie e battaglie vuol dire raccontare quelle che vengono oggi definite democrazie imperfette, e che negli anni sono diventate autocrazie e infine dittature.

Il viaggio di Gianni Vernetti, già deputato e sottosegretario agli Affari Esteri, attraverso l’analisi e lo studio del crescente confronto tra democrazie e regimi autoritari, traccia una geografia, più che una linea, del dissenso e dei nuovi dissidenti di Russia, Cina, Hong Kong, Tibet, Bielorussia, Turchia e Iran. Lo fa nelle pagine del libro Dissidenti. Da Aleksei Navalny a Nadia Murad, da Azar Nafisi al Dalai Lama: incontri con donne e uomini che lottano contro i regimi (Rizzoli editore), mai come oggi, con la Russia di Putin quasi tornata all’era dell’URSS e la guerra in Ucraina, importante per conoscere le voci del dissenso. E chi cerca di metterle a tacere.

«Oggi le autocrazie sono forme di enorme disagio per chi ci vive» spiega Vernetti in occasione della presentazione del libro, «e la guerra è la semplificazione della narrativa autocratica dello spazio vitale perduto». Non è un caso che il testo sia stato concepito anche con la graduale e sottile chiusura al mondo da parte di Vladimir Putin, e la censura sempre più dilagante.

«La svolta della Russia verso una “minore” dittatura dipenderà da come verranno trattate migliaia di persone», commenta la giornalista russa Anna Zafesova ricordando gli arresti delle ultime settimane nelle piazze russe in occasione delle proteste contro la guerra in Ucraina. La giornalista, da anni in Italia, ripercorre l’uso stesso della parola “dissidente” e l’occasione da cui è iniziata a essere sempre più frequente nei discorsi sulla Federazione Russa: il dissenso dell’URSS negli anni Settanta e Ottanta.

«L’oppositore è qualcuno che agisce in un sistema democratico – aggiunge – il dissidente invece sfida un regime inscalfibile», come ha fatto Marina Ovsyannikova, la redattrice del Pervyj Kanal, la principale emittente televisiva russa pubblica, arrestata dopo aver mostrato in diretta tv un cartello contro la guerra e la propaganda di stato. In questi giorni, anche Marina Ovsyannikova è stata definita proprio una dissidente, per aver denunciato pubblicamente il sistema propagandistico in cui lei stessa ha lavorato per anni.

Il viaggio di Vernetti, accompagnato dai racconti dei protagonisti, continua fra le montagne del Kurdistan, dove i combattenti curdi hanno sconfitto le milizie jihadiste dell’Isis, sulle pendici dell’Himalaya, dove un pugno di monaci coraggiosi ha salvato la millenaria cultura tibetana, nella piccola e combattiva Lituania, che ha conosciuto tutti i totalitarismi del XX secolo e oggi accoglie i dissidenti di Russia e Bielorussia, nell’isola di Taiwan, che resiste all’autoritarismo cinese.

Quasi con provocazione, l’autore conclude il saggio con una domanda, “Che fare, quindi?”, citando l’omonimo titolo di una delle opere politiche più importanti di Vladimir Lenin, per dare spazio a spunti e individuare possibili soluzioni. Il sostegno alla dissidenza e ai dissidenti viene riconosciuto come il primo passo per contrastare la nuova assertività delle autocrazie, lasciando al lettore, ma soprattutto al cittadino, la speranza che un mondo senza dittature deve essere considerato possibile, ancora.

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