Diritti

Il ciclo non si ferma durante la guerra

Nelle zone di conflitto di tutto il mondo spesso mancano i prodotti igienico-mestruali per le donne. Oggi alcune organizzazioni si stanno mobilitando per spedire in Ucraina assorbenti e medicinali
Valeria Pantani
Valeria Pantani giornalista
Tempo di lettura 3 min lettura
14 marzo 2022 Aggiornato alle 21:30

C’è un’altra guerra che si combatte in Ucraina, ma è più silenziosa e non ci sono armi: è la lotta contro la crisi igienico mestruale, che vede coinvolte la maggior parte delle donne del Paese. Senza alcun dubbio, mentre lottano o fuggono per sopravvivere, il ciclo rappresenta l’ultimo dei loro problemi. Ma in guerra non si può scegliere di non averlo e, a lungo andare, una cattiva igiene personale può portare a gravi infezioni.

Rachel Grocott è la responsabile della comunicazione e della raccolta fondi di Bloody Good Period, un ente britannico che si occupa della distribuzione di prodotti mestruali per i rifugiati. Grocott ha spiegato all’Independent che nei contesti di guerra i prodotti per il ciclo non sono sempre disponibili, oppure sono venduti a prezzi così alti che risultano inaccessibili per la maggior parte delle donne. «Abbiamo passato gli ultimi 2 anni a ricordare ai donatori e alle autorità che il ciclo non si ferma in una pandemia, e nemmeno durante una guerra», si legge sul loro sito.

Se consideriamo che mediamente il ciclo mestruale dura 5 giorni ogni mese, risulta evidente come la raccolta degli assorbenti sia necessaria, se non fondamentale (per non parlare poi degli antidolorifici e degli altri prodotti per l’igiene personale). Ella Lambert, studentessa di Bristol che dal 2020 gestisce The Pachamama Project (organizzazione che realizza assorbenti riutilizzabili per i rifugiati di tutto il mondo), ha spiegato che con la crisi in Ucraina molte più persone si sono fatte avanti per aiutare. «Oltre a realizzare gli assorbenti riutilizzabili che intende inviare in futuro ai rifugiati ucraini - ha scritto la Bbc - Ella Lambert sta raccogliendo fondi per donare prodotti igienici usa e getta per coloro che sono fuggiti». Dall’inizio del conflitto circa 200 persone si sono unite all’organizzazione.

Secondo Claire Barnett, direttrice esecutiva di UN Women nel Regno Unito, in situazioni di conflitto non è insolito che le donne utilizzino resti di immondizia e stracci come assorbenti. Anche Terri Harris, responsabile del programma educativo di Bloody Good Period, lo conferma. Come ha spiegato all’Independent, quando si trovava in Libano per prestare aiuto in un campo profughi locale aveva «segnalato casi di donne che usavano vecchi stracci, pezzi di muschio, pezzi di materassi. L’uso di tali articoli, insieme alla scarsa disponibilità di acqua e strutture igienico-sanitarie, ha portato a infezioni e altri problemi di salute».

Quindi non solo assorbenti, ma anche la mancanza di servizi e strutture igieniche adeguate possono rappresentare un problema. A questo proposito, il quotidiano britannico ha riportato i dati raccolti da UN Women in Camerun, secondo i quali il 99% delle donne non si sente sicura a utilizzare i bagni nei campi profughi: «Secondo Barnett - spiega il giornale - le donne e le ragazze che non hanno un posto sicuro dove cambiarsi o andare in bagno corrono “un rischio maggiore di violenza sessuale”».

E anche se il ciclo può sembrare una banalità rispetto agli orrori della guerra, è bene ricordare che i dolori mestruali possono rendere più difficile la fuga, la resistenza o, più “semplicemente”, sopportare tutto quanto.

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