Ambiente

È ora di lasciare l’auto in garage

Uno studio internazionale racconta come nel 2020 l’assenza degli spostamenti casa-lavoro nelle metropoli abbia modificato i valori di biossido di azoto e altri gas tossici. Evitando centinaia di decessi
Bangkok (Thailandia). Una compagnia di taxi fallita dopo il Covid ha riciclato i tetti delle auto come orti. EPA/RUNGROJ YONGRIT
Bangkok (Thailandia). Una compagnia di taxi fallita dopo il Covid ha riciclato i tetti delle auto come orti. EPA/RUNGROJ YONGRIT
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11 marzo 2022 Aggiornato alle 13:00

La pandemia ha stravolto le nostre vite, ucciso oltre 6 milioni di persone del mondo e ci ha imposto delle scelte che, per paradosso, hanno dimostrato anche altre vie possibili verso il futuro, persino per salvare vite umane. Una di queste, ci dice oggi una nuova ricerca internazionale, è stata a esempio la capacità dell’uomo di porre un freno, in un determinato periodo, all’inquinamento atmosferico, che sta causando sempre più malattie respiratorie a esempio nei bambini.

Quando i governi hanno imposto i lockdown, la qualità dell’aria di moltissime città europee è migliorata: il motivo principale è legato al calo degli spostamenti casa-lavoro, anziché a esempio a quelli fra regioni o fra stati.

Nello studio appena pubblicato su Nature, e al quale hanno partecipato i ricercatori dell’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) sono stati analizzati gli andamenti della qualità dell’aria in 47 città europee come Londra, Parigi, Barcellona, Berlino ma anche Roma e Milano.

Il periodo monitorato, quello del primo lockdown, andava da febbraio a luglio 2020. Dall’indagine emerge che il calo dei livelli di inquinamento atmosferico “è dovuto principalmente alla limitazione degli spostamenti quotidiani in città e all’obbligo di permanenza nelle abitazioni, mentre minor impatto hanno avuto le restrizioni alla circolazione tra le regioni e ai viaggi internazionali”. In generale, ad aver subito un calo maggiore, più che le polveri sottili è stato il biossido di azoto ,che in sette città (Milano, Torino, Roma, Madrid, Lisbona, Lione e Parigi) è risultato più che dimezzato.

«Il calo è dovuto soprattutto al divieto della circolazione e del trasporto su strada, che rappresenta la principale fonte di emissioni di questo inquinante. Le concentrazioni di biossido di azoto hanno iniziato a precipitare fin dalla prima metà di marzo 2020, quando i governi hanno imposto le prime restrizioni; le differenze tra le città possono essere correlate solo ai diversi tempi di attuazione delle politiche di blocco e alle variazioni nella severità delle misure», ha spiegato Mario Adani, ricercatore ENEA del Laboratorio Inquinamento Atmosferico.In alcune città questo calo, alimentato dal confinamento e dalle politiche di smart-working, può aver potenzialmente salvato anche molte vite.

Un esempio è Milano: qui, nella Pianura Padana dove le concentrazioni inquinanti registrano solitamente valori fra i più alti di Europa, il calo di NO2 «è stato forte così come la riduzione di mortalità prematura», spiega Adani.In generale, prima è iniziato il lockdown prima si sono riscontrati effetti positivi: Londra, a esempio, ha registrato una diminuzione sensibile solo nella seconda metà di marzo.

Allo stesso tempo, però, in tutta Europa la maggior permanenza nelle case dei cittadini ha fatto registrare un uso maggiore del riscaldamento e dei dispositivi alimentati a legna.Lo studio tende a sottolineare soprattutto gli effetti positivi del lockdown, quantificando anche le morti premature da inquinamento evitate. Da febbraio a luglio 2020 il numero totale di decessi evitati è stato pari a 486 per il biossido di azoto (NO 2), 37 per l’ozono (O3), 175 per il PM2.5 e 134 per il PM10.

Se si guarda alle città, Milano, Parigi, Londra e Barcellona sono ai primi posti con il maggior numero di decessi evitati da biossido di azoto e polveri sottili. Come chiosa Antonio Piersanti, responsabile del Laboratorio Inquinamento Enea, «la risposta dei governi per frenare la diffusione della pandemia ha offerto un caso di studio senza precedenti per valutare quantitativamente una serie di interventi di riduzione, drastica e nel breve termine, delle emissioni antropiche, intervenendo in diversi settori, dai trasporti su strada alla produzione di energia, dall’industria manifatturiera ai servizi commerciali e pubblici fino ai settori aereo e marittimo.

Questa è un’importante indicazione per le amministrazioni italiane rispetto alla gestione degli episodi critici di inquinamento atmosferico, in particolare da polveri sottili, che permangono stabili, anche con forti limitazioni delle emissioni, nei giorni successivi ai picchi di inquinamento».

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