Ambiente

Ecco il Piano nazionale per dire addio al gas russo: funzionerà?

Secondo il ministro per la Transizione ecologica Cingolani sì. Attivando nuovi rigassificatori, potenziando il ricorso alle rinnovabili. E stringendo nuove alleanze strategiche
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Doha, Qatar, durante un incontro con lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, il 6 marzo. ANSA/ANGELO CARCONI
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio a Doha, Qatar, durante un incontro con lo sceicco Tamim bin Hamad Al Thani, il 6 marzo. ANSA/ANGELO CARCONI
Riccardo Liguori
Riccardo Liguori giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
9 marzo 2022 Aggiornato alle 17:00

Scovare un’alternativa ai 29 miliardi di metri cubi di gas che l’Italia importa ogni anno dalla Russia. Emancipandosi da Mosca. Secondo il ministro per la Transizione energetica Roberto Cingolani il nostro Paese può riuscire nell’impresa già nel 2023. Peraltro, senza impiegare nuovo carbone.

Infatti, solo in caso di grave e improvvisa crisi, le due centrali a carbone in funzione a Brindisi e Civitavecchia verranno mandate a pieno regime e, comunque, per un periodo di tempo limitato. In agenda, dunque, non c’è l’intenzione di attivarne altre: «Non riapriamo nulla perché l’impresa non vale la spesa».

Per Cingolani, entro primavera 16 miliardi di metri cubi verranno rimpiazzati da altri fornitori internazionali, come Algeria, Azerbaijan e Qatar. Il ministro, intervenuto alla trasmissione Agorà Extra, ha specificato che sarà necessario incrementare la capacità nazionale di rigassificare. a oggi, infatti, sono tre gli impianti sul territorio in grado di garantire la trasformazione del GNL. Strutture che, peraltro, sono in funzione al 60% della loro capacità di servizio.

Per questo, ha spiegato Cingolani, dalla metà di quest’anno verrà installato un primo rigassificatore galleggiante. Altri 3, quelli a Falconara, Porto Empedocle e Gioia Tauro sono già autorizzati e pronti a partire.

Il Piano nazionale, ha fatto sapere Cingolani, prevede inoltre l’aumento dell’efficienza dei rigassificatori attivi di Livorno, Rovigo e Panigaglia. Quest’ultimi sono capaci di sopperire al 15% del fabbisogno nazionale a fronte però di costi e tempi molto importanti. L’impianto di Livorno, dove arriva GNL da Nigeria, Qatar, Algeria e Stati Uniti è costato 900 milioni di euro e ha richiesto 12 anni di lavoro per essere operativo.

«Quest’attività dal punto di vista ambientale è un disastro», ha spiegato il ricercatore del Cnr Nicola Armaroli intervistato a Non è l’Arena. «Inoltre, questi impianti impediscono all’Italia di liberarsi dalla schiavitù dal gas. Chi oggi commercializza il gas russo l’ha comprato a 1 d vendendolo a 5».

Secondo Armaroli, la dipendenza da fonti energetiche esterne al Paese è figlia dell’incapacità nazionale di programmare. «Qual è la politica sul dissesto idrogeologico in questo Paese che sta cadendo a pezzi? Ne abbiamo una? La dipendenza dal gas sta uccidendo l’economia dell’Italia e la possibilità per i cittadini di arrivare a fine mese. O diamo vita a una politica energetica che ci renda padroni del nostro futuro, guardando alle rinnovabili, altrimenti siamo perduti».

Imprescindibile sarà il ricorso e il rafforzamento proprio delle rinnovabili. A tal proposito, l’ultimo Decreto Energia ha semplificato l’installazione di impianti fino a 200 Kilowatt di fotovoltaico e solare termico sugli edifici. Secondo Cingolani, dal punto di vista ambientale sarà possibile garantire il processo di decarbornizzazione al 55% entro il 2030. «La quantità di gas è la stessa che bruciamo oggi, può cambiare il metodo o l’infrastruttura ma non ne bruceremo di più».

Ieri anche la Commissione europea ha proposto, alla luce dell’invasione russa dell’Ucraina, lo schema di un nuovo piano per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030. Si chiama REPowerEU. Anche in questo caso il focus è sul gas. a oggi, l’Ue importa il 90% del proprio consumo di questa fonte fossile, con la Russia che fornisce circa il 45%. Il Paese di Putin garantisce anche circa il 25% delle importazioni di petrolio e il 45% delle importazioni di carbone. Per questo, la presidente Ursula von der Leyen ha specificato: «Non possiamo affidarci a un fornitore che ci minaccia esplicitamente».

L’Unione si impegnerà per mitigare l’impatto dell’aumento dei prezzi dell’energia diversificando la fornitura di gas in vista del prossimo inverno. Accelerando la transizione verso l’energia “pulita”. «Prima passeremo alle energie rinnovabili e all’idrogeno, combinati con una maggiore efficienza energetica, prima saremo veramente indipendenti e padroneggeremo il nostro sistema energetico. Discuterò le idee della Commissione con i leader europei entro la fine di questa settimana», ha fatto sapere von der Leyen. Le iniziative del REPowerEU dovrebbero ridurre la dipendenza del nostro continente dal gas russo di due terzi entro la fine del 2022.

Anche in caso di interruzione totale delle forniture dalla Russia, lo stoccaggio di gas nell’Ue (ora si poco inferiore al 30%) è sufficiente a coprire il fabbisogno continentale fino alla fine del periodo invernale.

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