Bambini

C’è un’età giusta per imparare a leggere?

Un approfondimento della Bbc prova a fare chiarezza sull’alfabetizzazione precoce nel mondo. Dove i piccoli iniziano ad avere dimestichezza con le parole in età diverse, con risultati non sempre scontati
Credit: johnny mclung
Chiara Manetti
Chiara Manetti giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
5 marzo 2022 Aggiornato alle 13:00

Nelle scuole britanniche si inizia a 4 anni. In Germania, Iran, Giappone e in Italia a 6. La Finlandia si spinge oltre: 7. Ma qual è l’età giusta per imparare a leggere?

«Non importano gli anni, è il metodo che deve essere buono ed efficace» ha spiegato alla Bbc Anna Cunningham, docente di Psicologia alla Nottingham Trent University, esperta di alfabetizzazione precoce. Cunningham è una delle professoresse citate nella rubrica “Family Tree” dalla giornalista Melissa Hogenboom, autrice del libro “Il complesso della maternità”: il suo articolo esplora problemi e opportunità che genitori, bambini e famiglie devono affrontare in tutto il mondo.

Quando si parla di alfabetizzazione, che i britannici chiamano literacy, sorge sempre il dubbio che i bambini vengano esposti troppo presto a stress e pressione per imparare a leggere, in un momento della vita in cui gioco e spensieratezza dovrebbero essere al primo posto. Di certo, tutti gli studi concordano sul valore della lingua - in ogni sua forma scritta, parlata, cantata o letta ad alta voce - che ha un ruolo cruciale nello sviluppo iniziale delle competenze alfabetiche.

I bambini sono esposti al linguaggio già nel grembo materno, e per questo i genitori vanno incoraggiati a leggere ai propri figli prima ancora che nascano, oltre a continuare a farlo negli anni successivi. Perché la lingua scritta comprende un vocabolario più ampio di quella parlata e può aiutare i piccoli ad aumentare la loro gamma e profondità d’espressione.

L’alfabetizzazione precoce è diventata inoltre un obiettivo ancora più urgente dopo la pandemia: il divario tra le famiglie più ricche e quelle più povere è cresciuto, e con esso la disuguaglianza educativa. Già alla scuola materna molti genitori delle fasce sociali più alte affiancano ai figli insegnati privati e tutor, ma diversi studi hanno evidenziato che, rispetto all’educazione incentrata solo sul gioco, imparare a leggere e scrivere presto dà scarsi benefici.

Per Alice Bradbury, docente di Sociologia, e Dominic Wyse, docente di Istruzione primaria presso l’University College di Londra, andrebbe ripensato il modo in cui viene insegnata l’alfabetizzazione: «La priorità dovrebbe essere incoraggiare l’interesse e la familiarità con le parole, utilizzando libri di fiabe, canzoni e poesie, che aiutano il bambino a captare i suoni delle parole, oltre ad ampliare il suo vocabolario» spiegano. I benefici accademici della scuola materna svaniscono in seguito: se esaminati nelle classi successive, gli allievi che hanno frequentato le classi intensive non hanno capacità alfabetiche più elevate degli altri.

Eppure, non ci sono solo svantaggi. Frequentare una scuola materna può avere effetti sociali positivi sui risultati successivi nella vita (scelta di istituti superiori migliori e tassi di criminalità inferiori), anche se non influisce necessariamente sulle capacità accademiche. Secondo gli esperti, potrebbe anche dare un vantaggio sociale soprattutto ai genitori, perché fornisce assistenza all’infanzia e più tempo agli adulti per lavorare e aumentare il reddito familiare.

In Finlandia, uno dei Paesi con i migliori sistemi educativi al mondo, i bambini iniziano la scuola a 7 anni. E, intorno ai 15 anni, ottengono punteggi più alti nella comprensione del testo rispetto agli studenti del Regno Unito e degli Stati Uniti. All’asilo finlandese si gioca e non c’è nessuna istruzione accademica formale: l’approccio è incentrato interamente sul bambino.

«I piccoli sono estremamente diversi in termini di abilità di base quando iniziano la scuola o imparano a leggere» ha spiegato alla Bbc la psicologa Anna Cunningham. Nel suo studio sui bambini che ricevono l’educazione steineriana (ovvero che si ispira ai principi filosofici del tedesco Rudolf Steiner), e che iniziano l’istruzione formale solo intorno ai 7 anni, ha dovuto escludere il 40% del campione perché sapeva già leggere. «Penso che fossero già pronti per questo». L’insegnamento formale, spesso, consente ai bambini di accedere al supporto e alle abilità che gli altri possono acquisire in modo informale a casa.

«La nostra ossessione per l’alfabetizzazione precoce sembra essere alquanto infondata» conclude la giornalista Melissa Hogenboom. «Non ci sono né il bisogno, né un chiaro vantaggio, nell’affrettarsi. D’altra parte, se tuo figlio inizia presto o mostra un interesse autonomo per la lettura prima che la sua scuola glielo offra, va bene lo stesso, purché ci siano opportunità per divertirsi lungo il percorso».

Leggi anche
Invenzioni
di Redazione 3 min lettura
Al centro, l'attivista Greta Thunberg.
istruzione
di Chiara Manetti 3 min lettura