Futuro

Un detrito spaziale cinese è finito sulla Luna

Monitorato da mesi, si pensava fosse un razzo della Space X di Elon Musk. Invece, a centrare la regione nord-est del nostro satellite (a noi non visibile) è stato un pezzo di un velivolo lanciato da Pechino nel 2014. L’ennesimo rifiuto stellare
Credit: Zoltan Tasi
Caterina Tarquini
Caterina Tarquini giornalista
Tempo di lettura 4 min lettura
4 marzo 2022 Aggiornato alle 17:15

Oggi, intorno alle 13.30, un detrito spaziale monitorato già da alcuni mesi si è schiantato sulla superficie lunare. Stavolta, però, non è un razzo della SpaceX di Elon Musk come si era ipotizzato inizialmente, ma il booster di un razzo cinese, chiamato Lunga Marcia 3C, lanciato per la missione Chang’e 5-T1 nel 2014.

L’impatto è avvenuto nei pressi del cratere Ejnar Hertzsprung (536 metri di diametro), nella regione a nord-est, ossia quella sottratta alla nostra visuale, e non è stato possibile dunque osservarlo.

Già a metà febbraio l’astronomo Bill Gray, che a gennaio aveva annunciato l’impatto del rottame con la Luna, aveva ammesso l’errore sull’identificazione del velìvolo. L’equivoco era sorto quasi 7 anni fa, quando il misterioso oggetto, prima scambiato per un asteroide, era stato poi riconosciuto come un detrito spaziale ed erroneamente associato al satellite americano Dscovr, lanciato in orbita appena 2 giorni prima.

È la prima volta che una collisione del genere avviene involontariamente, dopo anni dalla conclusione della missione. Infatti, il booster è probabilmente una componente del razzo partito da una piccola navicella spaziale cinese, appunto la Chang’e 5-T1, in direzione della Luna. La navicella ha fatto ritorno sulla Terra con successo tempo fa, invece il razzo ausiliario ha continuato a vagare nello spazio per oltre 7 anni, finché il campo gravitazionale della Luna lo ha attratto a sé.

Entro la fine del 2022, come riporta un articolo su Nature, sono previsti almeno altri 6 veicoli spaziali in rotta di collisione con il nostro satellite, che rischia di trasformarsi in una sorta di discarica del Pianeta.

“L’imminente impatto lunare illustra bene la necessità di un regime di regolamentazione completo nello spazio, non solo per le orbite economicamente cruciali intorno alla Terra, ma anche per la Luna” aveva affermato meno di un mese fa Holger Krag, capo del programma di sicurezza spaziale dell’ESA.

A distanza di 53 anni dallo sbarco dell’Apollo 11, la Luna continua a esercitare un certo fascino su noi terrestri. Osservandone la superficie “a groviera”, costellata da circa 300.000 crateri, è facile intuire che nel corso della sua breve (astronomicamente parlando), lunga storia, la Luna abbia subito un intenso bombardamento di corpi celesti: innanzitutto comete e asteroidi. Ma, non solo. Quest’ultimo booster, infatti, non è senz’altro il primo velìvolo a “naufragare” sul suolo lunare.

La sonda spaziale Luna 2, progettata dall’Unione Sovietica, divenne nel 1959 il primo oggetto creato dall’uomo a entrare in contatto con un corpo celeste. La collisione fu intenzionale, come quelle che seguirono. Talvolta per scopi scientifici, come gli esperimenti compiuti dalla NASA tra gli anni ’60 e ’70 per analizzare l’energia sismica prodotta dagli schianti sulla Luna. In altre circostanze, per necessità, per esempio per l’esaurimento del carburante, si è deciso di direzionare il velìvolo spaziale verso la Luna.

Il problema della spazzatura che orbita intorno alla Terra è già noto. L’Agenzia Spaziale Europea (ESA) stima che dal 1957, dopo lo Sputnik, siano stati compiuti oltre 4000 lanci nello spazio che hanno prodotto decine di migliaia di detriti di svariate dimensioni. Meno nota era la quantità di rifiuti intorno all’orbita lunare. Il team di ricercatori guidato da Vishnu Reddy all’Università dell’Arizona a Tucson, come riporta Nature, osserva quotidianamente la traiettoria di ben 150 oggetti in movimento attorno alla Luna. Di questi almeno il 90% sono detriti.

Il nostro satellite non è dotato di una vera atmosfera in grado di bruciare le rocce spaziali. L’ESA, con il progetto NELIOTA (Near-Earth object Lunar Impacts and Optical TrAnsients) registra i lampi di luce causati dalle rocce spaziali che si infrangono costantemente sulla superficie del satellite. In base alla luminosità generata dallo scontro è possibile risalire alla massa del corpo celeste. I risultati di questa ricerca potrebbero essere interessanti “per i futuri coloni lunari”, si legge sul sito dell’ESA. “È probabile che le future infrastrutture permanenti sulla Luna saranno sotterranee, per ripararli dagli impatti e dalle radiazioni spaziali”.