Ambiente

Cosa rischiamo in caso di incidente nucleare?

Dopo l’attacco al più grande sito d’Europa di Zaporizhzhia, cresce la preoccupazione. In Ucraina ci sono 4 centrali atomiche in funzione con 15 reattori. La possibilità di esplosione sembra remota, ma ci potrebbero essere perdite di radiazioni. E altri scontri
Una veduta della centrale nucleare di Zaporizhzhia, prima di essere colpita e incendiata da tiri d'artiglieria russa nel sud dell'Ucraina, 4 marzo 2022. ANSA/Energo Atom
Una veduta della centrale nucleare di Zaporizhzhia, prima di essere colpita e incendiata da tiri d'artiglieria russa nel sud dell'Ucraina, 4 marzo 2022. ANSA/Energo Atom
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4 marzo 2022 Aggiornato alle 13:25

Più si intensifica il conflitto, più crescono i rischi per le centrali nucleari ucraine con possibili drammatiche conseguenze sulla popolazione. In Ucraina oggi si contano 4 centrali atomiche in funzione con 15 reattori di cui 9 pienamente attivi. Solo la centrale nucleare di Zaporizhzhia, dove si sono svolti gli scontri della scorsa notte, conta 6 reattori e fornisce il 25% dell’energia elettrica nel Paese. È la più grande centrale di Europa e contiene anche sistemi di lunga data, progettati negli anni Settanta.

È un impianto in superficie, non sotterrato, il che implica potenziali rischi in caso di incidenti. Al momento, va detto, dopo l’ultima rappresaglia la zona della centrale secondo fonti sia ucraine che russe è in mano ai russi. Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) c’è stato un incendio nella zona dell’impianto ma non ha colpito apparecchiature essenziali e “il personale sta adottando misure di mitigazione del rischio” così come “non sono stati segnalati cambiamenti nei livelli di radiazioni”.

Attualmente dunque non si corrono particolari rischi. L’escalation in corso, però, secondo il segretario di Stato generale della Nato Jens Stoltenberg, sottolinea che «l’attacco alle centrali nucleari è segno di incoscienza di questa guerra». Allo stesso tempo, per quanto riguarda i 6 reattori della città di Enerhodar, che ospita la grande centrale, per il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba «se esplodesse Zaporizhzhia sarebbe dieci volte peggio di Chernobyl».

In una Ucraina che nel 1986 ha già vissuto il terribile incidente di Chernobyl, la possibilità di esplosioni di centrali nucleari appare oggi remota, ma ci sono alcuni fattori di preoccupazione, tenendo conto che per la popolazione - al di là di possibili fughe in bunker e rifugi per una piccola parte delle persone - ci sarebbe ben poco da fare per potersi difendere.

La stessa AIEA chiede che vengano immediatamente cessate le azioni contro i siti che potrebbero essere coinvolti nel fuoco incrociato. Gli scenari sono pieni di incognite perché, di fatto, è la prima volta che ci si trova in una situazione simile nella storia dell’energia nucleare: quella di una guerra in un territorio che oggi conta 15 reattori.

Secondo Shaun Burnie, specialista nucleare che fa parte di Greenpeace East Asia, «l’idea di costruire una protezione in caso di una guerra su vasta scala non è mai stata parte della pianificazione di una nazione, almeno in termini di energia nucleare commerciale».

Sebbene alcuni reattori dell’era della Guerra Fredda nell’Unione Sovietica siano stati costruiti sottoterra per scongiurare le minacce militari, le enormi strutture in Ucraina sono state tutte costruite in superficie, ha ricordato Burnie.

I problemi principali che potrebbero innescare la perdita di radiazioni, il più grande pericolo oltre naturalmente alle esplosioni, sono legati alla possibilità di mancanza di corrente e manutenzione, che potrebbero portare a disabilitare i sistemi di raffreddamento.

In caso di arresto della rete elettrica per esempio legato a bombardamenti, ci sono (rari) rischi di impedire il raffreddamento sia del reattore che del deposito di stoccaggio di combustibile esausto nucleare. Le centrali hanno bisogno di energia 24 ore su 24 e sono comunque dotate di generatori di backup, ma in tempo di guerra non è chiaro cosa potrebbe accadere.

C’è inoltre la remota possibilità che alcune strutture vengano distrutte accidentalmente in caso di fuoco incrociato, magari a causa di armi pesanti utilizzate dai russi. Allo stesso tempo, però, esperti e analisti ricordano che la Russia è un Paese che vanta oltre il doppio delle centrali dell’Ucraina e conosce perfettamente i rischi delle conseguenze di un attacco diretto alle strutture: rischi che - in caso di radiazioni - coinvolgerebbero direttamente anche gli stessi russi, soprattutto quando i venti soffiano verso est.

Tutte queste variabili aprono a scenari così complessi e drammatici che l’AIEA ha ripetutamente lanciato un appello per una zona di non conflitto di almeno 30 chilometri intorno alle centrali. Una di queste variabili, secondo alcuni esperti, è anche l’eventuale impegno per la gestione degli impianti: per gestire correttamente queste centrali servono infatti centinaia di persone e tecnici e in caso di “cattura” e occupazione non è detto che questo sia garantito.

Nella partita di Zaporizhzhia gioca poi un ruolo chiave anche l‘accesso delle acque e dei sistemi di dighe del fiume Dnepr, quello che fornisce l’acqua per il raffreddamento: fornitura che deve essere garantita per il corretto funzionamento e per la quale si teme nell’eventualità di una crescita del conflitto.

In caso di incidente, a secondo della gravità e del livello di radiazioni, potrebbero svilupparsi conseguenze per tutta l’Europa.

Secondo il presidente ucraino Volodymyr Zelensky un disastro alla centrale nucleare di Zaporizhzhia sarebbe 6 volte peggiore di Chernobyl. «Questa notte sarebbe potuta essere la fine della storia dell’Ucraina e dell’Europa. I russi sapevano cosa stavano colpendo, hanno mirato direttamente il sito. Gente di Russia, come è possibile. Abbiamo combattuto insieme le conseguenze del disastro di Chernobyl del 1986. Ve lo siete dimenticato? Se ve lo ricordate non potete stare in silenzio. Dite ai vostri leader che volete vivere», ha accusato il presidente. Chiaramente, la Russia smentisce l’attacco diretto.

Infine, nella speranza di mettere fine a rischi concreti per le centrali, il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Rafael Mariano Grossi, si è detto disponibile a raggiungere l’Ucraina per assicurare che tutte le parti concordino di preservare gli impianti nucleari. Il che vale sia per Chernobyl, dove attualmente sono stati ammessi problemi tecnici a monitorare eventuali radiazioni anche se “trascurabili”, sia per Zaporizhzhia e per le altre centrali. Quanto avvenuto la scorsa notte ha visto violato il principio dell’integrità fisica della centrale nucleare e per scongiurare ogni tipo di rischio, chiosa Grossi, è «necessario trovare un accordo su un quadro che impegni a non compromettere i principi che abbiamo tutti sottoscritto».

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