Economia

Unioncamere-Infocamere: più di 600.000 le imprese straniere

L’imprenditoria estera in Italia è cresciuta del 10% negli ultimi 5 anni; i settori che trainano la crescita: costruzioni, servizi, agricoltura. I principali Paesi d’origine: Marocco, Cina, Romania
Credit: Michael Barón
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15 novembre 2023 Aggiornato alle 07:00

Secondo l’ultimo report prodotto da Unioncamere-Infocamere, sono 657.565 le imprese straniere iscritte al registro delle Camere di commercio. Di queste, è attivo il 90%, in aumento dell’1% rispetto a giugno 2022 e del 10% rispetto al 2018.

Le zone in cui l’imprenditoria straniera è più presente sono la Lombardia e il Nord-Ovest (circa il 41% del totale); tra le province, spicca invece Prato con un’incidenza del 33%, seguita da Trieste (20%) e Firenze (18%).

Situazione diversa nel Mezzogiorno; il flusso di attività è ridotto (+0,7% contro il +1% del Nord-Est e il +2,2% del Nord-Ovest) e le industrie straniere sono rarefatte. In particolare, Barletta-Andria-Trani è la provincia con la minore incidenza di imprenditoria straniera (2,5%).

L’analisi, basata su dati del Registro delle Imprese tra gennaio e giugno 2023, rileva che a fare da traino sono i settori di costruzioni e servizi (+3%), che costituiscono il 44% di tutte le imprese, e l’agricoltura, mentre cala la presenza nel comparto commerciale (261.000 imprese), così come in quello manifatturiero.

Gli imprenditori provengono soprattutto da Marocco, Cina e Romania, che insieme raggiungono il 34% del totale. Seguono le imprese gestite da albanesi, bengalesi e pakistani (19%) e da egiziani, nigeriani e senegalesi (11%).

I titolari marocchini (58.855) scelgono le province dello Stretto (Catanzaro, Reggio Calabria, Messina) e sono in maggioranza commercianti, mentre gli imprenditori cinesi (52.727) preferiscono la Toscana e il distretto di Fermo (Marche), operando prevalentemente nelle attività ricreative, di intrattenimento e manifatturiere.

Discorso differente per i titolari di origine rumena (53.064), che non hanno un territorio “preferito” e gestiscono soprattutto attività legate alle costruzioni. Inoltre sia gli imprenditori rumeni che quelli marocchini sono presenti anche nei servizi legati a trasporto, magazzinaggio e noleggio.

Ma il legame con la società italiana è ancora molto labile. Secondo l’indagine condotta da Noto Sondaggi, quasi la metà degli italiani (48%) è convinto che gli immigrati siano un vantaggio per l’economia nazionale, per il 70% sono fondamentali per il settore edile e agricolo. I dati calano nei settore di commercio e turismo (rispettivamente 39% e 41%), ma sono comunque elevati.

Nonostante ciò, il 55% degli intervistati ritiene che gli immigrati siano “troppi” e che non debbano esserci nuovi arrivi tramite decreti flussi; 1 italiano su 3 ritiene che più della metà degli ingressi avvenga tramite gli sbarchi.

In realtà, i numeri ci dicono il contrario: come sottolineano i dati del Ministero dell’Interno, tra il 2013 e il 2022 sono entrati in Italia tramite sbarchi circa 900.000 immigrati, di cui molti con l’obiettivo di spostarsi in altri Paesi europei. E anche se fossero rimasti tutti sul suolo italiano, rappresenterebbero circa il 15% di tutte le persone straniere.

Favorire l’integrazione (e anche l’imprenditoria) è un aspetto cruciale; è dunque importante non solo per consentire una maggiore coesione sociale nel Paese, ma anche per trattenere sul territorio nazionale queste attività proficue e consentire ai lavoratori stranieri una maggiore partecipazione alla società e al sistema Paese. E se qualcuno non fosse ancora del tutto convinto, basti sapere che i lavoratori immigrati producono annualmente 154 miliardi di euro, il 9% del Pil.

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